La Guardia di Finanza di Palermo, in collaborazione con la Procura di Termini Imerese, ha scoperto un giro di fatture false che serviva a ottenere contributi pubblici e vantaggi fiscali. L’indagine ha portato al sequestro di beni per 6,4 milioni di euro. Una somma pari all’Iva evasa dagli imprenditori indagati.
I finanzieri del Comando provinciale di Palermo, su delega della Procura di Termini Imerese, hanno disposto il sequestro di beni mobili e immobili per 6,4 milioni di euro. Una cifra pari alla somma che un gruppo di imprenditori, nello scorso anno, avrebbe evaso tramite fatture false. Secondo l’accusa queste ultime venivano gonfiate con l’inserimento di costi non sostenuti del tutto o in parte per la realizzazione di programmi di investimento (ammodernamento aziende agricole, realizzazione di un mattatoio e di un complesso agro-industriale). L’obiettivo era ottenere illecitamente alcuni finanziamenti erogati dall’Unione europea e dalla Regione Siciliana all’interno dei Programmi di Sviluppo Rurale, per un valore di oltre 15 milioni di euro, nonché altri ulteriori vantaggi fiscali.
Le indagini sulle fatture false
Le indagini del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Palermo sono iniziate a marzo del 2020. In un primo momento erano terminate con l’esecuzione di 24 misure cautelari ai danni degli indagati. Essi erano accusati di associazione a delinquere e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Nei mesi successivi era stato emesso l’avviso di conclusione dell’indagine. La Procura aveva inoltre rinviato a giudizio 36 imputati e chiesto al giudice per le indagini preliminari il sequestro preventivo dei beni. L’operazione Gulash odierna ha messo in atto tale provvedimento. Un totale di 6,4 milioni di euro, ovvero la somma evasa grazie alle fatture false.
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L’associazione a delinquere, in base alle indagini, faceva capo ai fratelli Giovanni Salvatore e Francesco Di Liberto, rispettivamente 42 e 45 anni, originari di di Belmonte Mezzagno, in provincia di Palermo. Il sistema da questi creato aveva ormai come abitudine l’utilizzo di fatture false per gravare, a proprio beneficio, sui bilanci pubblici, ottenendo illecitamente risparmi di imposta.