L’ex 007 Francesco Pazienza chiede di essere ascoltato come testimone al processo sui mandanti della strage di Bologna. Nell’istanza presentata alla Corte d’Assise, si parla di rapporti mai avvenuti con Gelli e altri: “le sentenze e atti giudiziari lo dimostrano”.
Ha chiesto di essere ascoltato come testimone Francesco Pazienza, in riferimento al processo in corso a Bologna sui mandanti della strage del 2 agosto 1980. Secondo quanto apprende l’Adnkronos, pare che l’ex 007 abbia chiesto di poter chiarire sui suoi rapporti con “Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, deceduti e ritenuti mandanti, finanziatori o organizzatori” e con la P2.
Pazienza, “mai avuti rapporti con Gelli e altri”
Secondo quanto si apprende alle fonti, nell’istanza presentata alla Corte d’Assise a richiesta di essere ascoltato come testimone viene riportato come “non solo il Pazienza non aveva nulla da spartire con quei signori [citati sopra, ndr.], ma come ne fosse un ‘nemico’, e subito dopo si sottolineano ‘gli accenni di Pazienza alle polemiche discussioni (intercorse) con il Presidente del Banco Ambrosiano, più volte avvisato della pericolosità dei suoi rapporti con Licio Gelli'”.
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Pazienza, inoltre, cita l’ordinanza della Corte d’Appello di Milano del 2002, in cui descrive la sua posizione nei confronti della P2. “Pazienza non ebbe mai collaborazione con il Gelli – si legge nel documento – mai lo conobbe ed anzi fosse non solo, non iscritto alla Loggia Propaganda 2, ma addirittura avversario dei relativi vertici”. Inoltre, viene sottolineato come “Pazienza avesse rifiutato un incontro con il Gelli da costui sollecitato” perché “non gliene fregava niente” – rifiuto avvenuto nello stesso “periodo temporale in cui, secondo la sentenza di condanna della Corte di Assise bolognese, l’istante era impegnato nel depistaggio pro-Gelli”. Inoltre, viene sottolineato come agli atti del processo per depistaggio dell’ex 007 “vi erano le prove di diverse circostanze che, al contrario, si preferirono lasciare invischiate in falsità o, peggio, in autentiche calunnie”.
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Si ricorda, infine, che Pazienza è già condannato in via definitiva per il depistaggio (da lui sempre negato) delle indagini sulla strage. Tempo addietro, tuttavia, aveva avanzato una richiesta analoga già nel processo a Gilberto Cavallini, per la quale aveva ricevuto il diniego della Corte – che aveva infatti rigettato l’istanza giudicando una sua eventuale testimonianza “inutile” o “addirittura fuorviante”.