Dopo 43 anni di matrimonio, prende coraggio e denuncia il marito che invece di amarla l’ha sottoposta a vessazioni, umiliazioni e violenze. Ma la donna viene umiliata al processo.
Prende coraggio dopo 43 anni di matrimonio, e denuncia il marito che invece di amarla l’ha sottoposta “a vessazioni, umiliazioni e violenze con continui rimproveri, schiaffi, pugni e sputi in faccia”. La storia di Paola, 66 anni, viene raccontata da Il Corriere del Mezzogiorno, che riporta però come la donna si sia sentita umiliata anche sul banco degli imputati. Questo poiché, con il marito finito a giudizio, durante le sue deposizioni in aula “il giudice e l’avvocato della difesa le hanno chiesto per 14 volte se avesse abortito“. Quasi a voler dire che “questa decisione sofferta e senza alternative in qualche modo potesse giustificare le botte, l’umiliazione di verdure prese dalla spazzatura e messe nel piatto a tavola, la testa spinta sul water”.
“Quindi? Chiedo scusa, lei ha abortito di sua volontà?”
A raccontare la vicenda al quotidiano è stato il legale della 66enne, Ciro Renino. Secondo quanto spiegato dall’avvocato per il Corriere, da quando si è sposata la donna ha vissuto con un uomo che l’ha sottoposta a continue “vessazioni, umiliazioni e violenze con continui rimproveri, schiaffi, pugni e sputi in faccia”. Veniva trattata “come una schiava“, costretta “esclusivamente a pulire la casa, lavare la biancheria e cucinare secondo le sue direttive”, mentre il marito le impediva “di prelevare somme di denaro dalla pensione di invalidità che lei percepiva vietandole anche di acquistare generi alimentari per la famiglia; le negava la possibilità di provvedere, con il denaro residuo della spesa, di far fronte alle sue basilari esigenze di vita personale, ossia l’acquisto di qualche vestito in economia o di recarsi in caso di assoluta necessità dal parrucchiere”.
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La donna riesce a prendere coraggio nel 2019, quando stanca di quei soprusi decide di scappare, di tornare a casa a Portici (sua città natale), e di denunciare quanto successo in quegli anni. Nei giorni scorsi è stata ascoltata durante il processo come parte offesa, ma anche davanti a chi dovrebbe far rispettare la giustizia la donna è stata nuovamente umiliata. Renino, infatti, ha spiegato che “il giudice e l’avvocato della difesa le hanno chiesto per 14 volte se avesse abortito, come se questa decisione sofferta e senza alternative in qualche modo potesse giustificare le botte, l’umiliazione di verdure prese dalla spazzatura e messe nel piatto a tavola, la testa spinta sul water”.
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Dopo aver raccontato in udienza i due episodi di violenza avvenuti nel febbraio e nel luglio del 2019, e dopo aver elencato altre delle vessazioni a cui è stata sottoposta per anni, il difensore dell’imputato le chiede se abbia effettuato “tre aborti volontari“. Una domanda irrilevante per il legale di Paola, che fa per questo opposizione; tuttavia, il giudice non si pronuncia e permette al difensore del marito di proseguire. E mentre l’avvocato dell’aggressore continua ad incalzare sempre con la stessa domanda, alla fine si unisce al coro anche il giudice – nonostante l’opposizione del legale di parte civile, che viene respinta. Per 14 volte sia l’avvocato della difesa che il giudice chiedono a Paola in merito a quegli aborti volontari. Alla luce di ciò, e con la prossima udienza che è attualmente fissata per il mese di settembre, il legale Renino pare sia intenzionato a chiedere la ricusazione del giudice.