Ben 62 dipendenti dell’Ulss Dolomiti, tra cui medici e dirigenti noti, hanno rifiutato il vaccino contro il Covid-19. Le ragioni sono prettamente ideologiche. Il gruppo ha presentato ricorso al Tribunale di Belluno contro l’Asl in virtù del decreto che prevede la sospensione del servizio fino al 31 dicembre 2021.
“È concluso il tempo della discussione, non si possono mettere a rischio i pazienti“. Così gli ordini dei medici e degli infermieri della provincia di Belluno avevano annunciato la stretta contro coloro che rifiutavano per ragioni ideologiche la somministrazione del vaccino contro il Covid-19. Lettere di sospensione del servizio fino al 31 dicembre 2021 da parte dei datori di lavoro erano dunque state spedite nei confronti dei no-vax. La Asl locale, tuttavia, adesso si ritrova a dovere difendersi in Tribunale. Un primario del San Martino e due dirigenti medici di Feltre, infatti, hanno presentato ricorso. Tre nomi importanti, ma non sono gli unici. A chiedere di potere usufruire della libertà di scelta, infatti, sono ben 62 dipendenti dell’Ulss Dolomiti e di quattro case di riposo del territorio. La questione è divenuta di ampio margine mediatico, dato che proprio i professionisti in questione – operando in prima linea contro il virus – dovrebbero essere i principali promotori dei sieri.
La premessa del ricorso presentato al Tribunale di Belluno contro la Asl locale evidenzia il fatto che i medici in questione, non avendo alcuna patologia, non sono soggetti a rischio e dunque non sono obbligati a ricevere il siero Pfizer/BioNtech contro il Covid-19. «I ricorrenti svolgono il loro servizio con mansioni di medico, infermiere e di operatore socio sanitario ed hanno tutti scelto di rifiutare la somministrazione del vaccino, facoltà di scelta fra l’altro implicita nella richiesta di sottoscrivere un consenso informato», si legge. «Non hanno intenzione di vaccinarsi nemmeno nel prossimo futuro, fermo restando che non è dato sapere quale vaccino verrà loro “offerto” nel periodo post decreto». La scelta nasce da convinzioni prettamente personali nonché non verificate. L’efficacia dei sieri attualmente a disposizione, infatti, è ormai conclamata.
L’obiettivo dei medici bellunesi è di evitare la sospensione dal servizio, prevista dall’Ulss Dolomiti. Essa, successivamente, si occuperebbe anche di avvisare i rispettivi ordini professionali al fine di provvedere alla radiazione. I no-vax, però, non ci stanno. Nel ricorso, dunque, vengono richiesti i «provvedimenti necessari e sufficienti a dichiarare il diritto dei ricorrenti di scegliere liberamente se vaccinarsi o meno, senza che ciò comporti la loro sospensione dal lavoro senza retribuzione o il loro demansionamento». La misura, in particolare, sarebbe secondo il team di legali inapplicabile poiché in contrasto con Carta dei Diritti e delle Libertà Fondamentali dell’Ue, oltre a non avere legittimità costituzionale. In merito a ciò, tuttavia, si è già espresso una volta il Tribunale di Belluno. I giudici, infatti, hanno ritenuto «prevalente, sulla libertà di chi non intende sottoporsi alla vaccinazione anti-covid-19, il diritto alla salute dei soggetti fragili che entrano in contatto con gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario»
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La notizia del “no” di 62 medici e operatori sanitari alla somministrazione del vaccino contro il Covid-19, intanto, ha creato non poche polemiche. “Preferisco non commentare”, ha dichiarato Manuela Lanzarin, assessore regionale alla Sanità. Della medesima idea sono i rappresentanti dell’Ulss Dolomiti, nonché i vertici degli ordini professionali.
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