La Procura di Prato sta cercando di delineare i contorni della tragica morte di Luana D’Orazio, giovane operaia risucchiata da un orditoio nella fabbrica tessile in cui lavorava. Dall’esame del macchinario “gemello” a quello utilizzato nel momento dell’incidente è emersa una manomissione: mancava la grata di sicurezza. Una fotografia agli atti, inoltre, mostra una grossa ragnatela proprio nella colonna laterale.
Luana D’Orazio è morta il 3 maggio scorso nella fabbrica tessile di Prato in cui era impiegata. Un orditoio ha risucchiato, per motivi ancora da chiarire, l’operaia ventunenne. L’autopsia ha rivelato che la giovane è deceduta sul colpo per schiacciamento del torace (un politrauma fratturativo toraco-polmonare). Gli accertamenti adesso procedono al fine di comprendere lo stato dei di sistemi di sicurezza del macchinario utilizzato in quel momento. I primi controlli su un “gemello” – denominato, ironia del destino, «orditoio Luana» –, infatti, hanno evidenziato, come nell’altro, l’assenza di una grata che avrebbe potuto impedire l’incidente. Da capire il perché di tale mancanza nonché le tempistiche dell’eliminazione della misura di sicurezza. Il problema, tuttavia, è che il macchinario incriminato dovrà essere prima rimontato. I vigili del fuoco, per estrarre il corpo della vittima, hanno dovuto toglierne alcuni pezzi. Intanto, dalle prime indagini – sul caso è stato aperto un fascicolo per omicidio colposo con indagati titolare dell’azienda Luana Coppini e il responsabile della manutenzione Mario Cusimano – è emersa un’altra prova che potrebbe rivelarsi determinante.
La ragnatela sull’orditoio
Una fotografia agli atti dell’inchiesta sulla morte di Luana D’Orazio mostra una grossa ragnatela sull’orditoio. In particolare, essa si trova nella colonna laterale del macchinario. Lì dove, quando quest’ultimo è in azione, dovrebbe scorrere la grata di protezione, quella che avrebbe dovuto impedire alla giovane di essere risucchiata. Essa, nel dettaglio, avrebbe dovuto bloccare i rulli della macchina che avvolge i fili del tessuto nel momento di avvicinamento di un operaio. La presenza della fitta tela potrebbe essere una prova del fatto che la barriera era stata alzata ormai da diverso tempo. Non poteva, dunque, compiere il suo lavoro.
Il sospetto della Procura di Prato è che quel meccanismo di sicurezza sia stato, in entrambi i macchinari, manomesso per semplificare e/o velocizzare le procedure. Le comparazioni tra i due orditoi presenti nella fabbrica tessile proseguiranno nei prossimi giorni. Per rimettere in moto il macchinario smontato potrebbero essere chiamati nel corso degli esami anche i tecnici dell’azienda costruttrice, la tedesca Karl Mayer. Serviranno, ad ogni modo, almeno sessanta giorni per gli esiti.
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Le indagini sulla morte di Luana D’Orazio
La Procura di Prato, intanto, sta continuando ad indagare anche sulle tempistiche dell’incidente. Il procuratore Giuseppe Nicolosi, infatti, ritiene che Luana D’Orazio sia rimasta incastrata nel macchinario nella fase finale della lavorazione dei tessuti. La difesa della vittima, invece, crede che il dramma sia avvenuto nel momento in cui la giovane, tramite i pedali, ha avviato il subbio, ovvero il grande cilindro che avvolge il filo. Al momento si tratta soltanto di ipotesi. La famiglia della ventunenne, mamma di un bambino di 5 anni, ad ogni modo, chiede di avere giustizia.
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“Ho il diritto di sapere la verità. Avevamo progetti di una vita insieme e adesso è tutto finito, non riesco a rendermene conto. Non mi sembra vero che Luana non ci sia più“. Lo ha detto alla Nazione il fidanzato dell’operaia, Alberto Orlandi. Il ventottenne vive a Seano e lavora come addetto alla sicurezza in un’azienda della zona. È ancora sconvolto dal dramma.