Operaio 39enne muore in un incidente stradale: l’assicurazione risarcisce sia la moglie che l’amante. L’uomo conduceva una doppia vita, e aveva per le donne “la stessa intensità di affetto”.
Sembra una storia da film, eppure si tratta di un episodio realmente accaduto. Secondo quanto viene riportato da La Stampa, a seguito della morte di un operaio 39enne di Torino, a ricevere il risarcimento saranno sia sua moglie (madre di suo figlio) che l’amante. Questo è quanto stabilito nella richiesta dei danni chiusa in via stragiudiziale, per la quale si è molto battutto l’avvocato della “fidanzata” dell’uomo. Un risarcimento ottenuto dopo diverse trattative con l’assicurazione, e grazie al fatto che l’amante “era legata a lui da un’aspettativa di vita comune”.
La vicenda
I fatti risalgono all’ottobre dell’anno scorso, quando un operaio di 39 anni è morto a seguito di uno schianto contro un pilone mentre percorreva l’Autostrada del mare per motivi di lavoro. Ed è proprio in quella tragica occasione che la moglie del 39enne scopre dell’esistenza dell’amante. Secondo quanto si apprende, pare che l’operaio, sposato da tre anni e padre di un bimbo piccolo, avesse approfittato del lavoro di sua moglie, che la costringeva spesso ad essere in viaggio. Durante l’allontanamento temporaneo della donna, il 39enne allora si frequentava con un’altra, in una relazione che era rimasta clandestina soltanto alla moglie. Di questa loro storia, infatti, ne erano a conoscenza gli amici con i quali uscivano tranquillamente a cena.
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Sarebbe stato dunque il giorno del sinistro che, per necessità di riconoscere l’identità della vittima, i poliziotti sarebbero riusciti a rintracciare soltanto la fidanzata dell’operaio. La moglie era infatti fuori Torino, in viaggio, e nel tornare frettolosamente a casa all’apprensione del lutto, avrebbe incontrato per la prima volta la “fidanzata clandestina” in quella tragica occasione. Sempre secondo quanto ricostruito, però, la vita parallela dell’uomo era tutt’altro che superficiale. Il 39enne era seriamente impegnato con l’amante: la aiutava a pagare l’affitto di un appartamento in borgata Parella, e trascorreva con lei tre giorni a settimana – mentre “gli altri quattro con la famiglia”.
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Per questo entrambe le donne sono state considerate “affetti” dell’uomo. “Nessuno avrebbe potuto negare la legittimazione ad agire a quella donna che si era qualifica come ‘fidanzata della vittima’. A lui, infatti, era legata da una aspettativa di vita comune, come lei stessa è riuscita a dimostrare. Qui c’era una reale intensità di affetti, c’era la convivenza. E c’era pure una progettualità verso il futuro”, ha spiegato a La Stampa Gino Arnone, l’avvocato che ha assistito la fidanzata nella richiesta danni chiusa in via stragiudiziale. Ed è proprio per questa intensità di affetti, oltre che dalla comprovata convivenza, che entrambe le donne sono state infine risarcite.