In sciopero lo staff editoriale della rivista statunitense Washingtonian, dopo l’ultimo articolo del CEO. “Posti lavoro a rischio con smart working, i miei dipendenti devono tornare in ufficio”.
Venerdì scorso lo staff editoriale della rivista americana Washingtonian ha lanciato una protesta di un giorno in risposta a un editoriale scritto dal loro capo, Cathy Merrill, sul Washington Post. Un articolo, questo, nel quale il giornalista spiegava come il continuare a lavorare da casa, mentre “la pandemia si è ridimensionata negli Stati Uniti con la campagna vaccinale”, possa compromettere la sicurezza dei loro posti di lavoro.
“Come amministratore delegato, voglio che i miei dipendenti comprendano i rischi di non tornare a lavorare in ufficio”, ha scritto Merrill nell’editoriale, mentre sottolineava come lo smart working possa diventare “un forte incentivo” a trasformare i dipendenti a tempo pieno in contrattisti ad ore, senza benefit – quali l’assistenza sanitaria e i fondi pensione.
Washingtonian in sciopero: “Articolo terrificante, mi sento umiliata”
“In qualità di CEO, voglio che i miei dipendenti comprendano i rischi di non tornare a lavorare in ufficio“. Esordisce così nell’articolo pubblicato sul Washington Post da Cathy Merrill. Parole, le sue, che hanno infervorito i suoi dipendenti, finiti per questo in sciopero. “Sebbene ci possano essere alcune paure e ansie nel tornare in ufficio, il più grande vantaggio per i lavoratori potrebbe essere la semplice sicurezza del lavoro”, ha scritto nella sua conclusione – che reca in calce: “ogni manager lo sa: le persone più difficili da lasciare andare [leggasi licenziare ndr.] sono quelle che conosci.”
Venerdì mattina, molti membri della redazione di Washingtonian, composta da circa 25 persone, si sono dunque impegnati a non pubblicare nulla sul sito web della rivista, o sui canali dei social, per tutta la giornata. Più di una dozzina di messaggi identici hanno twittato: “Vogliamo che il nostro CEO comprenda i rischi del sottovalutare il nostro lavoro. Siamo costernati dalle minacce pubbliche che ci ha rivolto Cathy Merrill”.
L’assistente del photo editor della rivista, Lauren Bulbin, ha definito l’articolo “veramente terrificante“. “Mi sento davvero umiliata. Ogni persona che conosco che ha letto quell’editoriale mi ha contattato a riguardo. Le persone che rispetto nel mondo dei media e fuori mi hanno contattato e mi hanno detto che sono rimaste scioccate dall’ambiente in cui lavoro”, ha raccontato al Washington Post.
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Circa 10 minuti prima che i suoi dipendenti annunciassero il loro sciopero su Twitter, Merrill ha cercato di correre ai ripari, facendo circolare tra lo staff una nota in cui assicurava di non aver intenzione di togliere l’assistenza sanitaria, il sistema dei fondi pensione o di trasformare i contratti a tempo determinato. “Il mio intento era quello di spiegare come io ed altri amministratori delegati siamo preoccupati di preservare la situazione creata nei nostri uffici. Ma capisco che qualcuno di voi possa averlo interpretato come una minaccia”, ha spiegato la CEO del Washingtonian.
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Non sono servite, però, le parole di Cathy Merrill. Lo sciopero, iniziato nella giornata di venerdì, sta continuando ancora in queste ore, e vi stanno partecipando anche i capi redattori. In particolare, proprio questi ultimi hanno ricordato che durante la pandemia e proprio durante lo smart working, la rivista online ha pubblicato alcune delle storie più lette di sempre. Ad ogni modo, lo staff è previsto per il rit0rno in ufficio entro i prossimi mesi, con la riapertura totale prevista per i mesi autunnali.