L’ergastolano Domenico D’Andrea, conosciuto come “Pippotto”, era evaso dal carcere di Perugia nelle scorse ore. Le forze dell’ordine, dopo dieci ore di ricerche, lo hanno trovato mentre era ancora in città. L’uomo, condannato per l’omicidio di Salvatore Buglione, è stato nuovamente arrestato.
La fuga di Domenico D’Andrea è terminata dopo poche ore. Il detenuto, condannato all’ergastolo per l’omicidio del dipendente comunale Salvatore Buglione (avvenuto con alcune coltellate il 4 settembre del 2006 nel quartiere Vomero di Napoli a seguito di un tentativo di rapina mentre la vittima si trovava nell’edicola della moglie), era evaso nella tarda mattinata di venerdì dal carcere di Perugia. Subito era partita la caccia all’uomo, che si è conclusa poco prima della mezzanotte. Il trentottenne è stato ritrovato e arrestato mentre era nascosto in un boschetto in via Ettore Ricci, nella zona di Prepo, non molto lontano da Capanne dove si trova la struttura detentiva in cui è stato trasferito nel 2018. Pippotto, così è conosciuto, era da solo.
L’evasione dell’ergastolano è avvenuta mentre quest’ultimo era intento a svolgere alcune mansioni di pulizia nell’area esterna al perimetro murale dell’istituto penitenziario di Perugia, tra le 11.00 e le 12.00 di venerdì. L’uomo usufruiva del permesso di lavoro esterno previsto dall’articolo 21 dell’ordinamento carcerario a seguito dell’espiazione di almeno dieci anni. L’allarme è scattato nella tarda mattinata quando gli agenti si sono accorti dell’assenza di Domenico D’Andrea. Adesso ci si sta interrogando in merito alle modalità con cui quest’ultimo possa essere riuscito a scappare. Probabilmente Pippotto ha scavalcato la recinzione, ma non è chiaro se sia stato aiutato da qualche complice. Ora il detenuto, oltre alle condanne per rapina (raccolte fin da quando aveva 14 anni) e per l’omicidio di Salvatore Buglione, dovrà scontare anche quella per evasione.
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La fuga di Domenico D’Andrea, secondo il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe), è il “frutto della superficialità con cui sono state trattate e gestite le molte denunce fatte sulle condizioni di sicurezza dell’istituto penitenziario di Perugia, che sconta una grave carenza di personale di polizia penitenziaria“. Un muro di cinta troppo basso probabilmente ha dato origine all’evasione. Una svista inaccettabile, soprattutto in presenza di detenuti talmente pericolosi.
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Non è, tuttavia, la prima volta che ciò accade. “Nell’anno 2020 si sono verificate, nelle carceri italiane 81 evasioni da istituti penitenziari (ricordo che nel periodo delle rivolte solamente a Foggia fuggirono in 72), 15 evasioni da permessi premio, 3 da lavoro all’esterno, 8 da semilibertà e 13 mancati rientri di internati. Dati minimi, rispetto ai beneficiari. Questo non deve però inficiare l’istituto della concessione delle ammissioni al lavoro all’esterno o dei permessi ai detenuti. Serve, piuttosto, un potenziamento dell’impiego di personale di Polizia Penitenziaria nell’ambito dell’area penale esterna“. Lo ha sottolineato ancora il Sappe.
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