Aveva tremila dosi di hashish in casa: rapper Kaprio graziato dal giudice:«La droga favorisce la creatività». Ecco cos’è successo
Sofian Naich, conosciuto nel circuito musicale come «Kaprio» è sotto accusa per aver partecipato, lo scorso 26 ottobre, all’assalto ai negozi di Torino centro: nel corso di una manifestazione contro le restrizioni anti-Covid, furono distrutte e saccheggiate le vetrine di negozi di lusso.
Quando il 9 marzo la polizia gli ha notificato il fermo per le vetrine devastate, in casa gli agenti hanno trovato 2.005 dosi medie singole di hashish e 678 di marijuana. In breve, «221,84 grammi di marijuana, in tre sacchetti di cellophane trasparente e sei bustine nere». Su un tavolo in salotto c’era «un bilancino di precisione, una busta trasparente con dentro altre bustine con chiusura ermetica, altri 291 grammi di hashish in due panetti e 16 bustine di cellophane nere».
Il rapper, in tribunale a Torino, si è assunto le sue responsabilità e ha detto che quelle dosi erano per uso personale, ma che talvolta ne aveva offerto agli amici artisti che andavano da lui:«Non l’ho mai venduta», ha ribadito. Kaprio ha raccontato anche di aver comprato la droga il giorno prima a Porta Palazzo: «Una scorta prima del lockdown».
Il giudice ha creduto al giovane rapper e a quel punto musica e creatività sono divenute la sua ancora di salvezza. «Naich risulta comporre musica rap con il nome d’arte di “Kaprio” », si legge nelle motivazioni del Tribunale nelle motivazioni, «ed è noto come in certi contesti e ambienti artistici vi sia un uso piuttosto disinvolto delle sostanze stupefacenti, soprattutto quelle leggere ritenute idonee a favorire la creatività artistica. Deve dunque ritenersi plausibile che il giovane detenesse lo stupefacente tanto per uso personale quanto per le cessioni finalizzate a un consumo di gruppo».
A favorire questa sentenza il fatto che nella sua abitazione non vi fossero soldi. Il giudice ha quindi pensato di trovarsi davanti a un “quinto comma”, ossia quello che si attua per uso personale e modesta entità.
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La pena quindi si è alleggerita: 10 mesi di reclusione, sospensione condizionale e non menzione condanna, ergo lo hanno liberato subito. «Si tratta di detenzione a fine di cessione di una sola parte, verosimilmente a titolo gratuito, comunque non a fine di lucro», spiega il Tribunale. Contro questo verdetto, il pm Paolo Scafi che ha presentato appello.