Denise, parla l’ex pm Angioni: «Era terreno minato, così fui bloccata durante indagine». Rivelazione della pm dopo 16 anni
In un colloquio con Adnkronos, l’ex pm Maria Angioni fa alcune rivelazioni sull’inchiesta in merito alla scomparsa di Denise Pipitone che lei seguì dall’ottobre 2004 al luglio 2005. Denise era sparita il 1° settembre 2004. «Quell’inchiesta era un terreno minato. Non si riusciva a fare niente. Ovunque mi girassi incontravo difficoltà. Come quando venni interrotta da un esponente delle forze dell’ordine, mentre stavo interrogando una persona che mi stava dando notizie molto interessanti, e distruggendo quella pista. Quella volta mi spaventai davvero. Purtroppo, era la mia ultima attività inquirente, perché all’indomani lasciai la Procura di Marsala per andare al Tribunale di Cagliari».
Oggi Maria Angioni è giudice del lavoro a Sassari, ma non dimentica tutte le stranezze verificatesi nel corso dell’inchiesta su Denise, caso ancora irrisolto dopo 17 anni. Ieri si è tenuta una lunga ispezione nel palazzo di via Pirandello, 55 dove viveva Anna Corona, ex moglie del padre biologico di Denise, Piero Pulizzi.
Angioni racconta che in quel periodo si verificavano anche altre stranezze, «come quando scoprii», dice, «solo dopo mesi, che Claudio Corona, il fratello della donna, fu sentito ma quel verbale di Sit era striminzito. Non c’era nulla. Io rimasi basita». Ma facciamo un passo indietro. Maria Angioni fu assegnata all’indagine sulla sparizione di Denise Pipitone, soltanto nell’ottobre 2004, un mese dopo la scomparsa della piccola. In quel periodo il procuratore capo era Silvio Sciuto. «Il primo mese non ero assegnataria dell’inchiesta, poi a ottobre del 2004 sono diventata co-assegnataria con una delega limitata ad alcuni settori, come quello dell’esoterismo e della pedofilia. Perché si è cercato a tappeto. Abbiamo fatto ricerche sui pedofili, sugli esoterismi. Perché ricordo che Mazara del Vallo è una zona dove si fanno messe nere».
«Quando l’assegnatario è andato via, cioè il collega Luigi Boccia, sono diventata la principale titolare dell’inchiesta, con due pm, ancora giovanissimi, cioè Antonella Avila e Marco Imperato, che lavoravano con me e che sono rimasti dopo il mio trasferimento a Cagliari», racconta ancora Angioni. La pm ricorda che l’ispezione nella ex casa di Anna Corona a Mazara del Vallo, “fu fatta“. «Anche se non c’era il pozzo di cui si è parlato ieri», spiega la giudice. «Ricordo perfettamente che l’ispezione fu fatta. Io, una volta che sono subentrata al pm titolare, mi sono studiata tutto il fascicolo con estrema attenzione. E mi ricordo che l’ispezione era stata fatta. Ma bisogna vedere come era stata fatta… Io ho cercato di rifare le cose più importanti, con la collaborazione della sezione di Polizia Giudiziaria. Erano appena tre persone, e c’era un criminologo, Vincenzo Savatteri, che è morto qualche anno fa, che avevo nominato io. Ricordo che andarono a ispezionare tutto il perimetro esterno della casa e gli scantinati oltre al garage. Anche all’epoca avevano la carta catastale alla mano, come ieri. Me lo ricordo perfettamente. E già all’epoca mi serviva per capire cosa potesse essere accaduto quel giorno».
«In quella occasione avevamo cercato un pertugio, un falso muro, un vano costruito di recente, una stanza ‘segreta’ dove potesse essere stata nascosta la bambina, ma non venne trovato niente», prosegue Angioni. «Però, non ricordavo il pozzo, anche se mi sembra di capire che è nel garage a fianco, come si è visto ieri nelle immagini. Ed è molto importante che questo pozzo è stato indicato da una persona che ha fatto una segnalazione. Perché un conto è andare a naso e un’altra che una persona racconta di avere visto dei lavori edili. È davvero un ottimo segnale. Evidentemente, dimostra che le persone sono meno preoccupate e finalmente parlano. Anche se, per fortuna, non è stato trovato nulla…».
Angioni rivela poi le sue preoccupazioni in quel periodo:«Ero un po’ spaventata, nel senso che le preoccupazioni erano tantissime» Poi racconta cosa accadde un giorno a Ragusa: «Gli ultimi giorni, prima di andare via dalla Procura di Marsala per trasferirmi a Cagliari decisi di andare a fare una attività a Ragusa. Dovevamo farla solo con la Sezione di Pg di cui mi fidavo e che ubbidivano alle mie direttive. Ma, invece, all’improvviso, dopo essere partiti con la solita squadretta, scoprii che sono venuti tutti con noi, a partire dagli uomini del Commissariato di Mazara fino al Comando dei Carabinieri, che non avevo chiesto. Eravamo una cinquantina di persone in tutto, dalle iniziali cinque». Ma perché si aggiunsero tutti questi poliziotti e carabinieri? «Perché quando abbiamo avvisato i colleghi di Ragusa che saremmo andati, allora lo hanno fatto sapere ai comandi di Carabinieri e Polizia e anche loro volevano essere con noi. E lì mi successe una cosa stranissima che mi ha molto inquietato. Ci sono stati degli elementi di disturbo in una importante attività di indagine».
Poi chiarisce: «Avevamo sentito una intercettazione, che ritenevamo molto importante, davvero inquietante. Così andammo a Ragusa a sentire alcune persone». Era il 22 luglio 2005, il giorno prima che Maria Angioni lasciasse la Procura di Marsala. «Una intera famiglia era stata sottoposta a una intercettazione, in particolare due donne. Ma ecco che mentre stavo sentendo a sommarie informazioni una persona, arriva, in maniera inopportuna, un esponente delle forze dell’ordine, diverso dalla mia squadra di Polizia Giudiziaria, che mi interruppe dicendo delle cose che avrebbe dovuto dire in separata sede, e così ha bloccato di fatto anche il flusso di informazioni che stava provenendo dalla persona interrogata. E quell’attività è morta lì. Ero incavolata nera».
Angioni non aggiunge altro su quella attività, finita lì, quel giorno. Ma studiando le carte dell’indagine Adnkronos è risalita a un verbale del 22 luglio 2005 a Ragusa. Lì emerge che la Procura aveva messo sotto intercettazione un numero a Ragusa e fatto accertamenti per capire di che soggetto si trattasse. In quel contesto, i pm si recarono a Ragusa per parlare con delle persone. Dall’intercettazione si sentì parlare di un delitto e dalle cimici si sente:«purtroppo è morta, è morta». Ma nel verbale si evince che “è morta” si riferisse a una pianta grassa. Altra stranezza dunque, in questo intricato giallo.
«Io ho fatto il massimo, fino all’ultimo giorno. Non potevo fare di più, all’indomani sarei andata a Cagliari», spiega. Poi le viene chiesto se ha lasciato traccia di quel che accadde a Ragusa e Angioni risponde: «Non ho fatto una relazione ma ho informato i colleghi della Dda. Di fatti strani ne sono capitati davvero tanti, come quando alcune persone intercettate sapevano di essere captate dalle microspie. Una cosa inaccettabile. Era un terreno minato, non si riusciva a fare niente, si faceva una cosa e ti andava male e se ne distruggeva un’altra ancora. Il pm deve potere delegare, invece lì questa situazione di fiducia non c’era. Se non quei bravi e onesti carabinieri della Sezione della Polizia giudiziaria della Procura di Marsala che ci mettevano il cuore e un grande entusiasmo».
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E sulle nuove indagini della Procura di Marsala preferisce non pronunciarsi. Però racconta:«Sono stata sentita di recente a sommarie informazioni, senza dirmi perché. Non posso aggiungere altro». Si dice tuttavia “fiduciosa” perché “mi rendo conto che le persone stanno parlando, finalmente. Ho letto che chi ha parlato non è un anonimo, questa è una cosa davvero importante», conclude.