Dopo la morte di Luana D’Orazio, avvenuta sul luogo di lavoro, aumentano le voci critiche sulla sicurezza dei posti di lavoro. Ora sarà necessario effettuare l’autopsia sul corpo e gli accertamenti sul macchinario, per capire se la morte di Luana è legata a un tragico incidente o a una morte evitabile con una migliore manutenzione. Intanto dalla politica arrivano i primi commenti. “Vorrei che si parlasse delle morti bianche che tanto bianche non sono, sono nere, nere come la pece. Vorrei che si parlasse delle morti sul lavoro. Una al giorno da inizio anno”, ha ribadito Davide Faraone, presidente dei senatori di Italia viva.
Luana D’Orazio, 22 anni, è morta ieri in un’azienda tessile di Oste di Montemurlo, in provincia di Prato, schiacciata dall’ingranaggio di un orditoio. Stando alla prima ricostruzione, infatti, la ragazza sarebbe rimasta impigliata nel rullo del macchinario, sotto gli occhi di un collega che – voltatosi – ha visto quanto stava accadendo. Nonostante l’allarme immediato, l’arrivo di vigili, carabinieri e sanitari, per Luana non c’è stata via di scampo. Ora l’analisi della vicenda sarebbe passata nelle mani della magistratura, che ha già disposto l’autopsia per cercare di comprendere se Luana sia morta per un fatale incidente o per negligenza nel luogo di lavoro. Si attendono, infatti, anche gli esiti degli accertamenti sul posto.
Intanto torna alla mente un’altra morte avvenuta in un’azienda tessile tra Prato e Pistoia: il 2 febbraio e Sabri Jaballah, 23 anni, è rimasto schiacciato da una pressa. Per Luana è ancora necessario attendere i risultati delle indagini, ma i sindacati Cgil, Cisl e Uil di Prato stanno già organizzando una “forte azione di mobilitazione“ per venerdì: “Non si può non rilevare che ancor oggi si muore per le stesse ragioni e allo stesso modo di cinquant’anni fa: per lo schiacciamento in un macchinario, per la caduta da un tetto. Non sembra cambiato niente, nonostante lo sviluppo tecnologico dei macchinari e dei sistemi di sicurezza. È come se la tecnologia si arrestasse alle soglie di fabbriche e stanzoni. Dove si continua a morire e dove, troppo spesso, la sicurezza continua ad essere considerata solo un costo“, scrivono in una nota. Alla voce dei sindacati si uniscono anche le voci di alcuni esponenti politici.
Leggi anche: Sileri sui contagi a Milano: “Fa male vedere 30mila tifosi urlanti senza un briciolo di buon senso”
“Vorrei si parlasse di morti bianche”
Tra questi, il presidente dei senatori di Italia viva Davide Faraone, che su Facebook ha ribadito: “Vorrei che si parlasse delle morti bianche che tanto bianche non sono, sono nere, nere come la pece. Vorrei che si parlasse delle morti sul lavoro. Una al giorno da inizio anno. Ormai abbiamo superato oltre 120 vittime, che non sono numeri, sono volti, storie, voglie di riscatto, e soprattutto ricerca continua di una dignità che stenta ad essere il principio fondante di ogni società, la dignità di un lavoro, di un lavoro sicuro in ogni senso. Il diritto al futuro“. Eppure, ribadisce Faraone, si ritrova oggi a guardare il volto dell’ennesima vittima sul posto di lavoro, “due giorni dopo la Festa dei lavoratori. Soltanto pochi giorni fa era morto un altro ragazzo, Mattia, 23 anni, la sua vita schiacciata da un ponteggio ceduto in un cantiere edile“. Per questo la richiesta di Faraone è chiara e netta: chiedere la costituzione immediata di una commissione d’inchiesta per la sicurezza sul lavoro. “Non si può ancora morire così. Ecco una delle tante priorità che abbiamo. Lo dobbiamo alla memoria di questi due giovani e di tutte le vittime del lavoro”, ha ribadito Faraone.
Leggi anche: Ponte sullo Stretto, ci sono i fondi del Pnrr. Dubbi sulla fattibilità dell’opera
Qualche dato
Effettivamente, come dicevamo, non è la prima volta che il posto di lavoro si trasforma in un luogo di morte. E a confermare il trend in salita, sono anche i dati Inail. Secondo quanto riportato, a calare sarebbero soprattutto le denunce di infortunio, non gli incidenti mortali. In Italia si parlerebbe di 185 morti sul lavoro in tre mesi. Le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate tra gennaio e marzo sarebbero quindi 185, 19 in più rispetto agli stessi mesi nel 2020, con un incremento del 11,4%. A proposito del 2020, il presidente Inail Franco Bettoni fa notare: “Le denunce con esito mortale nel 2020 sono state 1.270, 181 In più rispetto al 2019, una crescita del 16%. L’incremento è influenzato soprattutto dalle morti avvenute a causa dell’infezione da Covid-19 in ambito lavorativo, che rappresentano circa un terzo dei decessi denunciati all’Inail da inizio 2020. Il dato, dunque, è alterato dall’emergenza sanitaria”. Insomma, a pesare, a livello statistico, è anche la pandemia. Da inizio pandemia Inail conteggia tra le morti sul lavoro anche i decessi avvenuti per Covid contratto in servizio. Ebbene, da marzo 2020 a marzo 2021 sono stati 551. Ma questo può benissimo esser considerato come aggravante.