Il ministro delle infrastrutture Giovannini incontra il suo omologo tunisino. Ma del traffico di rifiuti pericolosi tra Italia e Tunisia pare non si sia parlato.
C’è una brutta vicenda che lega Tunisia e Italia e riguarda un grosso traffico di rifiuti pericolosi. Ne avevamo già parlato in una nostra intervista a Doriana Sarli, deputata del gruppo Misto, una vicenda che ha scosso profondamente la politica tunisina e portato addirittura all’arresto del ministro dell’ambiente Mustapha Aroui e all’iscrizione nell’albo degli indagati del console tunisino a Napoli.
Il caso riguarda un traffico illegale di rifiuti partito da una azienda della provincia di Salerno tra maggio e dicembre 2020, circa 7.900 tonnellate trasportate in Tunisia e “smaltite” presso un’azienda che in realtà non esiste. Si tratta di 282 container rifiuti urbani misti esportati in Tunisia sotto mentite spoglie di rifiuti riciclabili.
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Proprio questa mattina Enrico Giovannini, ministro alle Infrastrutture e alla Mobilità Sostenibile, ha avuto un colloquio in videoconferenza con il suo omologo tunisino, Moez Chakchouk, dove si è ribadita “l’importanza delle relazioni bilaterali tra i due Paesi oltre alla volontà di favorirne il rafforzamento nei settori marittimo e portuale e in quelli ferroviario e dell’aviazione civile“. Si è discusso inoltre di come il PNRR avrà dei risvolti positivi anche per il paese africano e di come rafforzare il legame con i paesi del Mediterraneo per creare opportunità di sviluppo. Incredibilmente però i due ministri hanno totalmente “dimenticato” un confronto sulla grave vicenda del traffico illecito di rifiuti tra Italia e Tunisia.
Sulla questione si sono mossi anche diversi gruppi ambientalisti tunisini, italiani, europei e internazionali che hanno invitato il presidente del Consiglio Mario Draghi e il commissario europeo per l’Ambiente, gli affari marittimi e la pesca Virginijus Sinkeviius, a disporre l’immediato rimpatrio dei rifiuti urbani italiani importati illegalmente in Tunisia nel 2020. Un totale di 44 sigle della società civile internazionale, tra cui la Re’seau Tunisie Verte, la rete internazionale Gaia (Global Alliance for Incinerator Alternatives), Basel Action Network e Zero Waste Europe, hanno sollecitato l’Italia ad “assumersi le sue responsabilita‘” di fronte allo scandalo. Una decisione in merito da parte della giustizia italiana è attesa entro il 15 giugno, ma secondo le Ong il rimpatrio sarebbe già dovuto avvenire l’8 gennaio scorso.
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Per quanto riguarda gli accordi internazionali, la Tunisia ha firmato la Convenzione di Basilea sul controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e il loro smaltimento, adottata a Basilea il 22 marzo 1989 e la Convenzione di Bamako sul divieto di importazione in Africa di rifiuti pericolosi e sul controllo dei movimenti transfrontalieri e la gestione dei rifiuti pericolosi nel continente. Infine, Tunisi ha anche firmato i codici europei dei rifiuti.