La famigerata variante indiana è motivo di grande preoccupazione. Sull’ultimo volo giunto a Roma dall’India, è scoppiato il caso per via della presenza di ben 23 persone positive. Ora, ad aggravare ulteriormente la situazione, la rivelazione dei falsi tamponi.
Il 9% dei passeggeri, compresi due membri dell’equipaggio, è risultato positivo al coronavirus, tutti avevano con sé un certificato di negatività. Com’è stato possibile? Alcuni hanno ammesso di aver pagato 30 dollari un certificato falso prima di partire.
“Ho pagato per farmi rilasciare un falso certificato”
A raccontare questa storia il quotidiano il Messaggero, che ha parlato con diversi passeggeri arrivati mercoledì sera a Fiumicino da Nuova Delhi. “Il tampone non l’ho fatto, ma ho pagato per farmi rilasciare un falso certificato col timbro”, ha raccontato uno dei 223 passeggeri, che appena arrivato in Italia è stato comunque sottoposto al tampone rapido.
Il finto tampone da 30 dollari
In India sono ben consapevoli dell’enorme mercato nero dei certificati fasulli, dei laboratori che producono questi illeciti e vengono chiusi dalle autorità. Per potersi imbarcare, è previsto un certificato negativo con tampone effettuato entro 48 ore dal volo. Inoltre, anche se negativo al test, chi arriva dall’India in Italia dovrebbe comunque mettersi in isolamento per 14 giorni.
L’assessore della Sanità del Lazio, Alessio D’Amato, a riguardo ha dichiarato: “Davvero pensiamo che un lavoratore tornato dall’ India legge l’ordinanza e di sua iniziativa decide di isolarsi? Serve un sistema del tutto differente, bisogna recuperare le liste dei passeggeri tornati dall’India, dal Bangladesh e dallo Sri Lanka, e inviarle alle varie Asl”. Il rischio, con questo sistema che a quanto sembra, fa acqua da tutte le parti, è che la variante indiana, se realmente così dannosa, potrebbe far risalire nuovamente la curva dei contagi.