L’indagine è stata condotta dalla Fondazione studi consulenti del lavoro per il rapporto Gli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza, che sarà presentato nella giornata di domani 28 aprile al Festival del Lavoro. Stando a quanto emerso dallo studio, solo il 53,6% degli intervistati pensa di avere un profilo appetibile sul mercato.
Lo studio portato avanti dalla Fondazione studi consulenti del lavoro fotografa un mondo del lavoro pervaso da stanchezza, incertezza, precarietà, scosso nelle fondamenta dalla paura per il futuro. E’ quanto emerge dallo studio per il rapporto Gli italiani e il lavoro dopo la grande emergenza, che sarà presentato domani, 28 aprile, al Festival del Lavoro. Stando a quanto riportato da Adnkronos, più della metà degli intervistati (per la precisione il 56,7%) avrebbe dichiarato che l’ultimo anno professionale è stato fortemente caratterizzato da stress e fatica. Ancor più bassa, poi, la percentuale di chi si dice pronto a ripartire: parliamo del 14,3% degli intervistati. Percentuali che non si discostano troppo dai dati estremamente scoraggianti sul mondo del lavoro: sono ancora 1,8 milioni gli occupati che non lavorano perché inseriti in cassa integrazione o in sospensioni di attività. Ma ad essere alto, troppo alto, è anche il numero di coloro che si dicono convinti di perdere il lavoro nei mesi a venire. Una sensazione che coinvolge sia lavoratori dipendenti (620mila), sia lavoratori autonomi (400mila). E non finisce qui. Sono circa 2,6 i dipendenti che vedono aleggiare un forte rischio sul loro futuro lavorativo, soprattutto con lo sblocco licenziamenti all’orizzonte. Inoltre, solo il 53,6% pensa di avere un profilo lavorativo appetibile sul mercato, mentre ben il 46% dei lavoratori considera le proprie competenze inadeguato in un mercato del lavoro fortemente competitivo.
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Quali sono le strategie di sopravvivenza?
Di fronte a un’incertezza così pervasiva, quindi, non stupisce che la principale strategia di sopravvivenza adottata sia la conservazione. Sono pochi coloro che hanno deciso di investire in formazione per migliorare il loro futuro professionale. La maggioranza degli intervistati (32,4%) pensa piuttosto a salvaguardare il proprio posto di lavoro o a crearsi condizioni lavorative più sostenibili (28,8%). Anche perché, in tutto questo, non bisogna dimenticare che sono 7,5 i milioni di lavoratori che hanno segnalato una riduzione del reddito. Ma oltre alle strategie individuali – vista l’ampiezza del problema – è anche necessario che la politica si faccia sostenitrice di politiche attive per il lavoro adeguate al periodo di crisi attraversato. Anche perché – commenta Rosario De Luca, presidente della Fondazione Studi consulenti del lavoro – “il Rapporto conferma le marcate distinzioni che caratterizzano il mercato del lavoro, anche in termini di reattività alle condizioni esterne“. Per questo, ribadisce De Luca, è necessario riqualificare le competenze dei lavoratori a rischio soprattutto al termine del blocco dei licenziamenti. “Solo così si possono affrontare le criticità dei prossimi mesi e sfruttare al meglio le opportunità che si creeranno, se le scelte del Pnrr saranno quelle giuste“.