Oggi Mario Draghi presenterà il Pnnr alle Camere. Intanto, il Ministro del Lavoro Andrea Orlando commenta così il Recovery.
Che fine ha fatto il Recovery? Mario Draghi si avvia verso l’ultima tappa, quella decisiva: il voto di Camera e Senato. Oggi, infatti, il Presidente del Consiglio presenterà il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza a Montecitorio, con replica prevista martedì mattina. L’ex della Bce può contare su un’ampissima maggioranza e il via libera non sembra essere in discussione. 337 le pagine del Pnrr, uno l’obiettivo: sconfiggere la pandemia e fare in modo che l’Italia torni nuovamente a crescere per superare definitivamente la crisi. Tuttavia, il tempo stringe. Mario Draghi ha tempi fino alla primavera del 2023, quando il suo mandato a Palazzo Chigi terminerà. Quanto alla prima tranche di fondi Ue – circa venti miliardi – questi potrebbero arrivare già a luglio.
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A dirlo il Ministro del Lavoro Andrea Orlando, in un’intervista al “Corriere della Sera”. ”Abbiamo dato tutte le garanzie e la figura di Draghi ha aiutato a impersonificarle, ma il Recovery è uno sforzo serio e questi tre mesi sono serviti a completare la parte delle riforme di sistema, che sapevamo essere la più debole”, ha detto Orlando. C’è stata, in questo lasso di tempo, una riscrittura profonda del piano che riprende negli obiettivi larghissima parte dell’impostazione precedente. Si è proseguito, insomma, sulla scia del governo Conte, che ha aiutato nella conquista dei fondi e nella definizione della fisionomia del Recovery.
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“Contro l’Italia? Pregiudizi”
Tuttavia, l’Europa sarebbe piena di pregiudizi nei confronti dell’Italia. “La figura e il prestigio di Draghi ci aiutano, ma non cancellano da soli i pregiudizi anti-italiani radicati negli anni e i limiti strutturali del Paese – dice Orlando – È un mix, i pregiudizi vanno respinti e i problemi vanno affrontati. L’Europa investe in Italia 200 miliardi di debito comune, non mi sembra strano che voglia garanzie sull’altissima evasione fiscale, la fortissima evasione contributiva, la piaga del lavoro nero”. Inoltre, l’Italia ha affrontato la sfida del Recovery dovendo gestire problematiche e situazioni poco serene: l’instabilità del Conte bis; poi la caduta dell’esecutivo. Fattori, questi, che hanno più volte bloccato il lavoro di preparazione del Pnrr. La crisi di Governo non ha aiutato, anzi rallentato.
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Voci discordanti
Eppure Mario Draghi avrebbe intenzione di inviare a Bruxelles il Pnrr il 30 aprile. Ma subito arriva l’opposizione di Fratelli d’Italia. “Al capo dello Stato sta bene così? Fratelli d’Italia non sarà complice di questo scempio”, dice Giorgia Meloni. Il problema? I tempi strettissimi in cui le Camere dovranno leggere e votare il Pnrr. Preoccupazioni, le sue, condivise condivise anche da Stefano Fassina di Leu. Questa mattina tocca invece alla maggioranza forgiare la mozione con cui dire sì al Piano: ogni partito rivendicherà i “propri” pilastri nel Recovery.
Intanto, da Palermo, si alza la voce di Leoluca Orlando: “Il Mezzogiorno e i suoi cittadini non possono essere esclusi dagli interventi europei: l’Europa ha sospeso il patto di stabilità che continua invece ad applicarsi in Italia e al tempo stesso la Next generation Ue che dovrebbe superare le diseguaglianze sembra che non sia utile a questo scopo”. Il sindaco di Palermo rivendica un’equa ripartizione dei fondi del Recovery: “Vogliamo sapere qual è la ricaduta degli investimenti nazionali. Ad esempio – conclude Orlando – quanto degli 11 miliardi previsti per le ferrovie sarà destinato all’Alta velocità in Sicilia e nel Sud?”.