In tempo di riaperture si è a lungo discusso dell’opportunità di mantenere o meno il coprifuoco alle 22. Parte della maggioranza (soprattutto il centrodestra) ha più volte insistito per uno slittamento del coprifuoco alle 23, opponendosi all’ala più rigorista. Per giorni si è parlato dell’orario del coprifuoco, focalizzando l’attenzione su un’ora in più o un’ora in meno. Tutto questo mentre i trasporti restano pieni e l’Iss ribadisce che la situazione resta critica. Ecco come la battaglia (necessaria) per le riaperture diventa oggetto di strumentalizzazione politica.
Mentre il governo Draghi predisponeva le progressive riaperture, il dibattito politico e mediatico si è inevitabilmente fossilizzato sulla misura del coprifuoco. Una parte della maggioranza a trazione centrodestra ha a lungo sostenuto l’esigenza di allentare la misura del coprifuoco, inizialmente spostandola dalle 22 alle 23. L’ala più rigorista della maggioranza – quella che alla fine ha avuto la meglio – ha invece difeso l’orario delle 22. La questione può avere effettivamente una sua importanza se si pensa alla ristorazione: un locale costretto a interrompere il servizio entro le 22 riduce, inevitabilmente, la platea di potenziali clienti. Ma il dibattito sul coprifuoco può essere davvero il cavallo di battaglia da difendere per affrontare l’emergenza Covid?
L’impressione è che l’attenzione si sia fossilizzata sul questa misura perché è la più semplice da modificare, non implica ulteriori spese a carico dello Stato e fornisce l’idea di un effettivo miglioramento della situazione. Al solito, quando in Italia non si riesce a puntare alla luna, si guarda il dito. In sostanza, la battaglia sul coprifuoco è una battaglia facilmente strumentalizzabile. E infatti su questo i partiti di centrodestra e centrosinistra hanno deciso di portare avanti una rivendicazione identitaria, per distinguersi, e per non parlare di altri strumenti ben più importanti per riaprire in sicurezza e più a lungo (come la campagna vaccinale o la pessima situazione dei trasporti pubblici).
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Una battaglia identitaria a rischio strumentalizzazione
Il tentativo di dire l’ultima parola sulla questione coprifuoco è stato talmente intenso da provocare ambiguità all’interno del governo stesso. Il Viminale, infatti, è stato costretto a ribadire che violare il coprifuoco alle 22 mostrando lo scontrino del ristorante alle forze dell’ordine non si può fare: “Il decreto legge in vigore dal 26 aprile ha confermato la permanenza del limite orario gli spostamenti tra le 22 e le 5“. Un chiarimento necessario soprattutto in virtù dell’ambiguità creata dalla ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini che in un’intervista al Messaggero aveva affermato: “Chi va al ristorante può stare seduto fino alle 22 e poi tornare a casa senza rischio di incorrere in sanzioni“. Ed effettivamente proprio su questo punto si è consumato un lungo (e in parte insensato) braccio di ferro tra Pd e Lega. Salvini ha promosso un’iniziativa online con il tentativo di raccogliere firme contro la chiusura alle 22, un’iniziativa che ha “stupito” il segretario del Pd Enrico Letta: “Se un partito di maggioranza non vuole stare al governo, non ci deve stare“.
Immediato il tweet di risposta di Salvini: “Il segretario del Pd Letta non si fida degli italiani e li vuole tenere ancora chiusi in casa. Io mi fido degli italiani e vorrei che tornassero a vivere, lavorare, sorridere”. E poi ancora, nella giornata di oggi: “Lo dico al segretario del Pd: noi siamo leali, fedeli sostenitori di Draghi e, quindi, chiediamo che la scienza valga sia quando si chiude che quando si apre. Non siamo qua per litigare, stiamo lavorando al corretto utilizzo dei fondi europei. Ci siamo, noi siamo al governo non per fare scena muta ma per portare le nostre idee. E io penso che Draghi abbia bisogno di chi gli porta il contatto con la realtà“. Insomma, più che un discorso sensato sulle riaperture l’intera faccenda è diventata una facile sfida tra fazioni avverse. Facile perché non richiede, ad esempio, di progettare un piano funzionante per la messa in sicurezza dei mezzi pubblici. Ma la scienza, cosa ne pensa?
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Scienza e coprifuoco
Secondo il virologo dell’università Statale di Milano Fabrizio Pregliasco, intervenuto ad Agorà su Rai3, “l’evidenza scientifica sull’effetto del coprifuoco non è forte” di per sé. Di fatto, però, “ampliare o togliere il coprifuoco è sicuramente una facilitazione alla mobilità che è l’elemento determinante per la diffusione del virus: stando più in giro, si aumenta la probabilità dell’infezione attraverso un incremento del numero di contatti“. Insomma, difficile dire che tipo di incidenza abbia il coprifuoco nella diffusione del virus. L’unica cosa che sappiamo che meno persone girano, meno il virus si diffonde, ricorda Pregliasco. Effettivamente è difficile individuare dati certi sull’efficacia del coprifuoco, anche perché spesso questa misura è unita ad altre misure di contenimento che rendono difficile isolare i dati con certezza scientifica. In teoria, comunque, potremmo dire che l’intenzione del coprifuoco è limitare le attività legate al consumo di alcol, che a loro volta potrebbero comportare un rilassamento nella valutazione del rischio.
Eppure, viene anche fatto notare come il coprifuoco unito alla chiusura dei locali – a lungo andare – potrebbe incentivare ritrovi all’interno di abitazioni private, ben peggiori di una passeggiata all’aperto. Perché il punto è tutto qui: la durata della misura. Il coprifuoco risulta sostenibile per un breve lasso di tempo, ma a lungo andare la riduzione di occasioni di socialità e di svago rischia di produrre forme nascoste di infrazione della norma. Dall’altro lato, secondo Pregliasco l’eliminazione immediata del coprifuoco potrebbe incentivare – a livello psicologico – una sorta di liberi tutti. Il virologo paragona la situazione dell’Italia a una molla compressa: la voglia di riaprire è tanta, così come quella di recuperare una porzione di socialità. Per questo sarebbe necessario procedere con allentamenti progressivi, per evitare che la molla esploda tutta d’un colpo: questa molla “dobbiamo lasciarla andare lentamente, evitando un effetto esplosivo“.
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Insomma, sul coprifuoco la scienza al momento non dice molto. La valutazione sembra esser prettamente politica ed economica. Certo, se nel frattempo si fosse provveduto ad adottare altri strumenti necessari per combattere realmente la pandemia ora non staremmo a parlare di un’ora in più o un’ora in meno. E se la maggioranza si concentrasse sull’applicazione di quelle misure strutturali, forse ora il dibattito sul coprifuoco avrebbe il ruolo di una ciliegina sulla torta, non di un protagonista facilmente strumentalizzabile.