Per Giuseppe De Benedictis, giudice arrestato per corruzione si contesta l’aggravante mafiosa. 12 indagati nell’inchiesta
Al gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis, arrestato per presunta corruzione in atti giudiziari è contestata anche l’aggravante mafiosa. Stessa cosa per l’avvocato penalista Giancarlo Chiariello. È quanto viene fuori dagli atti giudiziari. L’aggravante mafiosa si riferisce all’ipotesi di aver favorito, scarcerando, bande criminali foggiane e baresi. Nell’indagine sono indagati in dodici. Oltre al gip e al legale, sono coinvolti anche altre 3 avvocati e un appuntato dei carabinieri.
Dall’inchiesta emerge un «gravissimo quadro giudiziario», che ha «portato alla luce un deprimente quanto collaudato sistema di svendita delle pubbliche funzioni, un costante mercimonio della giurisdizione, piegata e asservita a scopi illeciti per un arco temporale che va ben oltre quello dell’indagine», scrive il gip leccese Giulia Pronto.
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Secondo il gip di Lecce le accuse a carico dei due indagati emergono sia da quanto dichiarato dai ‘pentiti’ Tulimiero e Milella, ma anche dai rilievi compiuti dai carabinieri. Secondo l’accusa la sistematicità, il modo e la frequenza delle intese corruttive «sono tali da configurare, senza dubbio alcuno, quello ‘stabile asservimento del pubblico ufficiale a interessi personali di terzi’, reso ancor più grave dalla qualifica dell’indagato: un giudice per le indagini preliminari, che ha il potere sulla libertà degli individui, che mette al servizio di uno scaltro avvocato per favorire personaggi di elevata caratura criminale in quanto partecipi di organizzazioni criminali di stampo mafioso o comunque ad esse collegati».
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“Ho speso trentamila euro e mi sono comprato il giudice a Bari”. E’ lo stralcio di una conversazione intercettata nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Lecce. A parlare è il pregiudicato. La conversazione risale al 16 giugno 2020. Della Malva, difeso dall’avvocato Chiariello, aveva ottenuto da poco dal gip De Benedictis la scarcerazione, con concessione degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Era tornato a casa dal carcere di Rebibbia il 24 aprile e una sera, parlando con la moglie sulla veranda, “commentava senza alcuna cripticità il mercimonio per la sua scarcerazione” si legge negli atti. “Dapprima – ricostruiscono gli inquirenti – si vantava di essere uscito dal carcere dopo appena tra mesi e, alla reazione ironica della moglie che, ridendo, esordiva con un commento “grazie” come a voler dire “sappiamo bene il perché”, Della Malva diceva: “però aspetta, ho speso trentamila euro e mi sono comprato il giudice a Bari“”. Secondo gli inquirenti della Dda, il denaro sarebbe stato consegnato al giudice tramite l’avvocato. Le indagini hanno infatti documentato che il 18 marzo 2020, 7 giorni dopo il provvedimento con il quale il gip aveva disposto la scarcerazione, il gps dell’auto del magistrato ne segnalava la presenza a casa del legale.
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