In attesa di conoscere gli indagati nel processo, è necessario individuare le responsabilità politiche. A partire dal tema delle concessioni.
Si sono concluse oggi le indagini per il crollo del ponte Morandi, in Liguria, da parte della procura di Genova. Si tratta del viadotto autostradale della A10 collassato il 14 agosto 2018, causando la morte di 43 persone. In queste ore gli investigatori del primo gruppo della guardia di finanza stanno notificando ai 69 indagati più le due società Aspi e Spea la chiusura delle indagini. E nonostante le diverse intercettazioni emerse in questi 3 anni, nonostante i vari filoni aperti dall’inchiesta principali, dall’avviso di conclusioni indagini sono emersi nuovi agghiaccianti dettagli. Ad esempio che Autostrade Spa sapeva che nella pila 9, quella crollata il 14 agosto 2018, vi erano “due trefoli lenti e due cavi scoperti su quattro” già dal 1990. Quella stessa pila, la 9, in 27 anni – cioè dal 1991 al giorno del crollo – è stata controllata da vicini solamente una volta: nell’ottobre del 2015. Per questo le accuse sono gravissime: attentato alla sicurezza dei trasporti, crollo colposo, omicidio colposo e omicidio stradale, e rimozione dolosa di dispositivi per la sicurezza dei posti di lavoro.
Il procuratore di Genova Francesco Cozzi si è detto soddisfatto di come sono andate le indagini, dal momento che hanno scoperchiato una vicenda ampia e complessa. “Non è stato perso nemmeno un giorno senza lavorare a questa indagine. La complessità della vicenda, due incidenti probatori, hanno portato a questi tempi“, ha detto dopo la chiusura delle indagini sul crollo del ponte di Genova. E ha aggiunto: “È stato un lavoro straordinario. Questo è un passaggio importante ma è il punto di vista della procura, dello Stato. Ora si apre una fase in cui le difese spiegheranno le proprie ragioni. Come servitore dello Stato – ha concluso infine – sono onorato ad avere coordinato questa indagine. Lo dovevamo alle vittime e per tutelare interessi pubblici e privati”.
Si è espressa sulla chiusura delle indagini anche Egle Possetti, presidente del Comitato Vittime del Morandi. “Le informazioni contenute nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari confermano quelle che da tempo sono le nostre sensazioni, ovvero che la situazione delle manutenzioni fosse vergognosa, purtroppo non c’è nulla di nuovo sotto il sole, però adesso bisogna guardare al processo e per noi sarebbe fondamentale, una volta tanto, che non si confermassero i tempi tutti italiani della giustizia“, ha detto. E ha aggiunto in conclusione: “Le imputazioni sono estremamente pesanti, saranno lunghi i tempi di prescrizione”.
Le indagini della procura attestano le responsabilità giuridiche, ma quelle politiche? Le scelte di chi ci governa, ancora una volta, non vengono sottoposte a giudizio. Gli errori commessi nella scrittura della convenzione, quelli fatti nelle procedure di controllo, nella definizione degli investimenti. Persino gli errori nella progettazione architettonica. Nulla viene preso in considerazione. Eccetto la – gravissima – mancata manutenzione della struttura. Perché nessuno dice che forse la privatizzazione “esemplare” dell’Autostrada del Sole, simbolo del miracolo economico, è stata un errore?
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E a proposito di responsabilità, il nostro presidente del Consiglio ne ha una doppia. Infatti nel 1997, quando vennero organizzate le privatizzazioni, alla Direzione generale del Tesoro c’era Mario Draghi. E ora che, al contrario, il Tesoro cerca di concludere il nuovo ingresso dello Stato nella gestione delle autostrade – ripubblicizzandole di fatto – Draghi è a Palazzo Chigi. Come finirà la vicenda? Le autostrade torneranno in mano – almeno in parte – allo Stato? O resteranno esclusiva delle aziende private?
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