Le riaperture del 26 aprile dividono la scienza. Per molti esperti non ci sono le condizioni per riaprire ma Draghi parla di rischio calcolato e di decisioni prese su evidenze scientifiche. Rimane il rischio che le riaperture vanifichino tutto.
Questo anno di pandemia ci ha abituato alle incertezze e alle divisioni della scienza. Orami non è più qualcosa di univoco ma ha un peso mediatico e si comporta molto più simile alla politica di quanto vorremmo. Il dibattito tra aperturisti e rigoristi ha diviso la politica così come la scienza. Per molti continuano a non esserci le condizioni adatte per riaprire. Ma la politica ha deciso, in base ai parametri e i dati del Cts, il governo ha deciso che dal 26 aprile si da il via alle riaperture. Riaperture graduali ma pur sempre l’inizio di un progressivo ritorno alla normalità e riapertura di tutte le attività.
Alla fine l’ha spuntata il team aperturisti capitanati dalla Lega e il suo pressing. Ma potrebbe essere un errore. Molti, come il professor Galli dell’ospedale Sacco di Milano, sono contrari a questa decisione. Se si parla di rischio calcolato, è stato calcolato male. Ci sono ancora troppi casi, la curva dei contagi non tende a scendere e con il piano vaccinale siamo troppo indietro per lasciarci andare. Il rischio potrebbe essere incorrere nell’errore dell’anno scorso con la differenza che allora avevamo l’illusione di aver sconfitto il virus, oggi sappiamo che non è così. Finché non arriviamo all’immunità di gregge, il Covid resterà tra noi.
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Le riaperture sono un rischio: “Non ci sono le condizioni”
Se riapriamo tutto come l’anno scorso, un liberi tutti può costarci caro come è accaduto recentemente alla Sardegna da zona bianca a rossa in un attimo. Ed è proprio sui colori che si insiste. Un metodo che molte volte i governatori di Regione hanno chiesto di cambiare perchè non ha funzionato. Zone rosse che sembravano gialle, oramai il governo e i suoi provvedimenti avevano perso credibilità e quindi non hanno funzionato. I negozi chiusi e bar d’asporto ma le persone si assembravano comunque per strada, senza controlli e senza timore. La situazione è rimasta la stessa e ha danneggiato solo l’economia. Purtroppo, è tardi per emulare il modello inglese: un lockdown rigido di tre mesi e una campagna vaccinale che proseguiva veloce. Questo li ha portati oggi alla normalità e all’immunità di gregge. Un sistema a macchie di leopardo che non veniva nemmeno rispettato non ha aiutato i contagi a calare ma l’economia a fallire.
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Molti esperti e scienziati sono seriamente preoccupati da quello che potrà succedere dopo il 26 aprile. La gente ha ricevuto il messaggio che è tutto finito che finalmente si riapre e si ritorna alla normalità. Aiutati anche dalle alte temperature della stagione le attività possono usufruire degli spazi esterni. Eppure non tutti sono contenti di questi provvedimenti. Lanciano l’allarme anche gli anestesisti che mostrano come l’età media delle terapie intensive si sia abbassata e i politici devono capire che non ci sono le condizioni adatte per poter riaprire. Il rischio potrebbe essere di nuovo il collasso degli ospedali e delle terapie intensive così come il rialzo della curva dei contagi. L’unica soluzione potrebbe essere una vaccinazione molto più rapida di quanto stia procedendo ma è alquanto impossibile date gli approvvigionamenti scarsi e in ritardo delle dosi. Se non siamo attenti potremmo ricominciare da capo e vanificare tutto così da creare un danno maggiore sia a livello sanitario che economico.