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Politica

Le criticità nazionali emerse con il Covid al momento non sono risolte

Sanità pubblica, trasporto pubblico, regionalismo, pubblica amministrazione: aspettare il Recovery Fund per risolverli non è una strategia.

Le criticità nazionali emerse con il Covid al momento non sono risolte – www.meteoweek.com – Credit: Archivio Meteoweek

Tagli alla sanità pubblica, obsolescenza del trasporto pubblico e delle strutture scolastiche, regionalismo ingestibile, eccessiva burocratizzazione delle procedure amministrative ed emergenziali: le criticità nazionali emerse “grazie” al Covid al momento non sono risolte. Ed aspettare solo i soldi del Recovery Fund potrebbe essere una strategia sbagliata. Lo dimostra il fatto che dopo più di un anno di pandemia, i problemi principali del Paese restano sempre gli stessi. Non è bastato lo stato di emergenza, non è bastata la gestione di una pandemia globale, per discutere seriamente dei temi più critici per l’Italia.

La sanità pubblica

Il primo problema emerso immediatamente con l’inizio dell’emergenza Covid è stato il collasso del sistema sanitario. Ci è voluto poco perché i focolai, moltiplicandosi in maniera esponenziale, mettessero in difficoltà gli ospedali italiani. È il frutto di dieci anni di mala gestione dei fondi pubblici, durante i quali sono stati sottratti alla Sanità 37 miliardi. Eppure 14 mesi di pandemia non hanno cambiato le cose: in alcuni casi il personale continua a essere insufficiente, i lavoratori precari, le strutture fatiscenti e i letti nelle terapie intensive troppo esigui. Se il Sistema Sanitario Nazionale italiano è invidiato in tutto il mondo, per metterlo a pieno in atto c’è bisogno di una presenza sul territorio più forte.

I benefici della sanità pubblica sono indubbi ma c’è bisogno di veicolarli e incanalarli in modo più efficace per far sì che le strutture non arrivino alla saturazione, così come è successo durante questa pandemia. L’intenzione del presidente del Consiglio Mario Draghi è quella di rafforzare l’assistenza e i servizi sul territorio per garantire le cure domiciliari più accessibili e più diffuse. Una rete di servizi che consenta un’accessibilità maggiore senza le lungaggini della burocrazia. Lo ha ripetuto ieri – martedì 20 aprile – durante un webinar con la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, per il prossimo Global Health Summit del 21 maggio che si terrà a Roma. Ma per ora restano solamente parole.

Il trasporto pubblico e le strutture scolastiche

L’obsolescenza di trasporto pubblico e strutture scolastiche è legata a doppio filo. Gli italiani se ne sono resi conto negli ultimi mesi, ma ancor di più negli ultimi giorni. Da quando, cioè, il premier Draghi ha annunciato il ritorno in presenza di tutti gli studenti per il 26 aprile. È lì che governo e Regioni si sono ricordati di non aver fatto nulla per efficientare l’uno e l’altro, e si sono resi conto che forse era troppo pericolosa una capienza al 100 per cento sui mezzi e nelle scuole. Alcuni edifici scolastici sono troppo piccoli per ospitare il numero totale degli alunni iscritti, rispettando il distanziamento sociale di almeno un metro. E laddove fosse possibile, il mancato potenziamento dei mezzi di trasporto pubblico renderebbe ugualmente pericoloso il tragitto casa-scuola e viceversa. Questo serpente che si mangia la coda ha innescato una discussione tra governo e Regioni, il primo aperturista le seconde – in questo caso – più rigoriste, in cui l’esecutivo ha dovuto fare un passo indietro. La dimostrazione che per risolvere questi problemi, di cui si parla dallo scorso settembre, non è stato fatto nulla.

Le criticità nazionali emerse con il Covid al momento non sono risolte – www.meteoweek.com – Credit: Archivio Meteoweek

Il regionalismo

Se c’è un cosa che il Covid-19 ha insegnato agli italiani, è che il rapporto tra Stato e Regioni fa acqua da tutte le parti. Le dimostrazioni sono arrivate sin dai primi giorni dell’emergenza sanitaria, quando la Lombardia – sede dei primi focolai di coronavirus – non voleva chiudere i propri confini e dunque fermare fabbriche e industrie. Per aggirare il problema l’ex presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, prese la decisione di decretare il lockdown per tutto il Paese penalizzando i territori in cui il virus era inesistente, o almeno tenuto sotto controllo.

Dagli inizi di marzo, poi, è stato un continuo dibattito tra Stato e Regioni: prima le critiche al governo da parte dei governatori locali sulla gestione della pandemia, poi lo svelamento del flop della Sanità regionale e quello dell’app Immuni – per cui le diverse istituzioni non sono riuscite a comunicare in modo efficiente – e ancora il rimpallo di responsabilità all’inizio della seconda ondata. Quattordici mesi di scontri che non hanno fatto altro che allungare il processo decisionale in un momento di emergenza e confondere i cittadini su quale fosse la situazione reale nel Paese.

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La pubblica amministrazione

Tutti ne parlano da decenni, ma nessuno lo fa. Di cosa stiamo parlando? Della riforma della Pubblica Amministrazione, la più temuta dai politici italiani. L’eccessiva burocratizzazione delle procedure amministrative ed emergenziali, infatti, è la principale causa dell’arretratezza dell’Italia rispetto a tanti Paesi europei. Lo ha confermato anche l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) che nel suo rapporto Going for Growth 2021, pubblicato il 14 aprile, ha sottolineato che la “priorità”  per l’Italia è “rafforzare l’efficacia della pubblica amministrazione”.

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Come? Con – appunto – la  riforma a tutto campo della Pubblica amministrazione, che secondo il Rapporto è chiamata a ripensare “la governance degli investimenti pubblici”, per incrementare “il coordinamento e il livello di implementazione attraverso i diversi livelli di governo”. Ed è importante che venga fatta prima dell’arrivo dei fondi del Recovery Fund, perché senza questo passaggio preliminare sarà impossibile utilizzare i soldi per affrontare i problemi strutturali alimentati nei lunghi anni della stagnazione, e che sono esplosi con la crisi economica del 2020, causata dalla pandemia.

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