Dopo il video pubblicato da Beppe Grillo sul suo sito, arriva ora anche la condivisione del video da parte di un profilo Instagram associato al figlio, Ciro Grillo, al centro di un’indagine sul presunto stupro in Costa Smeralda ai danni di una 19enne milanese. Dopo circa diciassette mesi di assenza Ciro Grillo sembra esser tornato sui social, postando il video del padre e riproponendone il titolo: “Giornalisti o giudici?“.
Irrompe con un video urlato Beppe Grillo, pubblicato in difesa del figlio Ciro, accusato di aver violentato una studentessa insieme ad altri tre ragazzi. I fatti risalgono al 2019, e a distanza di due anni l’estenuazione della famiglia Grillo per un processo che ancora non si è chiuso si fa palpabile. A rappresentarla plasticamente sono le urla del fondatore del M5s, che nel video afferma: sono quattro coglioni, non quattro stupratori, il processo va avanti da due anni, “perché non li avete arrestati subito? Perché vi siete resi conto che non è vero che c’è stato lo stupro“. Verrebbe da dire – ribaltando l’argomentazione di Grillo – che se il processo va avanti da due anni è proprio perché il dubbio che lo stupro ci sia stato è abbastanza solido. Altrimenti il caso sarebbe stato archiviato con facilità. Poi Grillo ha ribadito: c’è un video che, secondo il fondatore del M5s, scagiona i “ragazzi di 19 anni che si divertono e ridono in mutande”. Come se una violenza sessuale implicasse necessariamente urla e strattonamenti, come se non si potesse compiere una violenza sessuale semplicemente approfittandosi dell’incapacità di intendere e di volere della vittima.
Ad ogni modo, secondo Grillo il video dimostra che si tratta di “quattro coglioni, non di quattro stupratori seriali“. Per questo “se dovete arrestare mio figlio perché non ha fatto niente, allora arrestate anche me, perché ci vado io in galera“. Al momento è impossibile avere accesso al video degli atti, ma – stando a quanto emerso dai tribunali – proprio il filmato sarebbe rimasto al centro dell’indagine: per la difesa dimostra “l’ingenuità” della situazione, per l’accusa dimostra che effettivamente la ragazza era incapace di intendere e di volere a causa dell’eccessiva quantità d’alcol ingerita su istigazione dei ragazzi. Ma a scatenare le critiche di stampa e politica è soprattutto un’altra frase pronunciata da Grillo: “Una persona che viene stuprata la mattina, il pomeriggio fa kitesurf e denuncia dopo 8 giorni è strano“. Un crinale scivoloso, quello intrapreso da Grillo per difendere il figlio. A dirlo chiaramente è una nota dell’avvocata Giulia Bongiorno, che riporta la reazione dei genitori della ragazza che ha denunciato la violenza: sono “distrutti. (…) Cercare di trascinare la vittima sul banco degli imputati, cercare di sminuire e ridicolizzare il dolore sono strategie misere“.
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Come se non bastasse, ad alimentare la tempesta mediatica scatenatasi sul video di Beppe Grillo è la ricondivisione del video da parte del figlio, al centro dell’accusa. Il video appare su un profilo Instagram legato al nome di Ciro Grillo, e accompagnato dall’hashtag #freeciruz. Così si sarebbe rotto il suo silenzio social, che lo aveva portato a eleminare foto e post ai primi di settembre 2019, quando prese il via l’indagine sul presunto stupro in Costa Smeralda. Insomma, sembrerebbe che Ciro Grillo abbia riattivato il suo account social con il nickname di “Ciruzzolohiil”, postando il filmato del padre e riproponendo lo stesso titolo con cui era apparso sul blog di Beppe Grillo: “Giornalisti o giudici?“. Sotto il post, circa mille commenti, in gran parte critici (“Orrore”, “Vai a lavorare”, “Un’altra pagliacciata”). Ma il profilo è realmente quello di Ciro Grillo?
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Il dubbio sorge, soprattutto perché sui social non sono inusuali casi di furto d’identità. A cercare di capirci qualcosa è un articolo pubblicato su Open, nel quale viene ribadito: il profilo era scomparso nel 2019, lo stesso giorno in cui Dagospia aveva pubblicato un articolo con i commenti del ragazzo sui social. Come mai, ora, la pagina riappare esclusivamente con il post del filmato del padre? Si tratta di un possibile furto d’identità? Stando a quanto riportato da Open, su Instagram sarebbe possibile utilizzare un nickname di un utente che ha disattivato o rimosso il suo account. Ma è questo il caso? Uno strumento utile per capirlo potrebbe esser analizzare l’immagine profilo Instagram. A questo punto il verdetto del fact checking di Open: la foto profilo di “Ciruzzolohiil” risulta essere stata caricata nel mese di ottobre 2019. Insomma, ora sarebbe più lecito pensare che ci si trovi di fronte al profilo originale, disabilitato per diversi mesi, ripulito dai vecchi post e riattivato per l’occasione.
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Ma che immagine del ragazzo restituiva il suo profilo prima di esser disattivato e ripulito? Stando a quanto riportato dal Corriere, sul profilo campeggiavano foto di feste sulla spiaggia, foto di gruppo con amici e ragazze, e tante immagini di combattimenti di savate, la boxe francese praticata da Ciro a livello professionale (tre titoli nazionali e una convocazione in azzurro). Poi, una foto, più delle altre caduta sotto l’attenzione di tutti: la foto è stata postata nell’agosto 2017, ritrae Ciro Grillo intento a compiere un esercizio atletico, ed è corredata da una frase: “Ti stupro bella bambina, attenta“. La frase fa effetto, vista l’accusa che ora lo coinvolge, ma ovviamente non dimostra nulla. A dover dimostrare saranno le carte dei tribunali. Così come spetterà a loro scagionare Ciro Grillo, in caso di innocenza. Nel mezzo, ci sono mesi di attesa, mesi che Beppe Grillo non ha mai voluto attendere, neanche in passato, condannando i suoi avversari politici alla gogna mediatica prima della condanna giudiziaria, e scagionando suo figlio prima di un’eventuale archiviazione ufficiale.
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