Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha dato il via al confronto con le parti sociali sul Recovery, che dovrà esser consegnato entro il 30 aprile. Il confronto riguarderà i sindacati i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri. Alle 17, invece, è il turno delle associazioni di impresa e categorie. Ma a che punto siamo con il Recovery?
In Italia prendono il via gli incontri tra il presidente del Consiglio Mario Draghi e le parti sociali sul Recovery. Oggi il premier ha in programma un primo confronto con i sindacati (a cui partecipano i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Luigi Sbarra e Pierpaolo Bombardieri), a cui seguirà un secondo incontro a partire dalle 17 con le associazioni di impresa e categoria. Intanto il presidente del Consiglio ha già fatto sapere ai vertici di Cgil, Cisl e Uil: il Recovery sarà varato dal Consiglio dei ministri proprio questa settimana. Draghi non avrebbe distribuito la bozza del Piano. Tuttavia, il premier avrebbe confermato la portata delle risorse: 221,5 miliardi di euro, di ci 69 a fondo perduto. Ulteriori dettagli emergono da quanto riportato dai sindacati, che riferiscono: le grandi opere saranno in tutto 57. Per il resto, fanno sapere i segretari generali, ulteriori incontri sui contenuti con il premier verranno portati avanti nel mese di maggio. Nel frattempo, i sindacati sembrano aver avanzato le prime richieste da prendere in considerazione.
I sindacati
Il segretario della Cgil Maurizio Landini ha già ribadito – durante l’incontro – che “serve un piano straordinario per l’occupazione. Abbiamo chiesto che ogni progetto delle 6 missioni indichi anche quanti posti di lavoro determinerà. Questo è il punto centrale, c’è bisogno di un lavoro stabile, non precario. E le riforme devono vedere un coinvolgimento maggiore delle parti sociali“. Poi ancora, in uscita dall’incontro, stando a quanto riportato dalla Stampa Landini avrebbe ribadito: “Sulla proroga del blocco dei licenziamenti ci sarà un incontro domani al ministro del Lavoro. Senza, è chiaro che dal 1 luglio per tutto il settore industriale e delle costruzioni ci sono centinaia di migliaia di posti di lavoro che potrebbero essere a rischio. Darci il tempo necessario per arrivare a una riforma degli ammortizzatori sociali degna di quel nome è una responsabilità. Non stiamo chiedendo la luna ma di superare l’estate per affrontare meglio la situazione”. Il leader della Uil Pierpaolo Bombardieri avrebbe sottolineato l’assenza della bozza del documento del Recovery: “Non ci è stato consegnato, ci siamo solo confrontati. Draghi ci ha chiesto la nostra idea, abbiamo ribadito di voler avere gli impatti occupazionali del piano, di voler capire cosa succede sulla governance. Alla fine dell’incontro Draghi ci ha dato disponibilità per un ulteriore incontro dopo il primo di maggio“.
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A che punto siamo con il Recovery
Durante l’incontro con i partiti a Palazzo Chigi il presidente del Consiglio ha già ribadito: sul Recovery è importante fare presto, ma soprattutto fare bene. Due istanze difficili da conciliare, vista l’imminente scadenza del 30 aprile per la consegna del Piano. Una scadenza che Draghi ha già confermato di voler rispettare, ma che al momento è ancora ostacolata da diversi dossier “in movimento”, come confermato da fonti ministeriali riportate dall’Ansa. Nonostante le esultanze di Italia viva, che sottolinea la discontinuità con il Recovery del governo Conte, tra i nodi da sciogliere resta proprio quello della governance. Sale il pressing dei ministri per sedere al tavolo, e per il momento resta una sola certezza: la regia del Recovery sarà a Palazzo Chigi. Sui dettagli, però, restano numerosi dubbi. Dubbi che andranno risolti in fretta, ma soprattutto nella maniera adeguata, fa sapere l’Ue: se il Piano non soddisferà i criteri stabiliti in Unione Europea i tempi per validare il piano potrebbero allungarsi notevolmente. Insomma, il modo per approvarlo il più velocemente possibile è strutturarlo al meglio possibile.
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A che punto siamo con il confronto con i partiti
Intanto, si è concluso il giro di consultazioni con i diversi partiti di maggioranza. L’ultimo turno è stato quello dei capigruppo di LeU, che ora ribadisce: “Abbiamo riconfermato esigenza di investire su due grandi temi, digitale e transizione ecologica esprimendo la preoccupazione che non diventino un libro dei sogni, ma ci sia una forte selezione nell’assegnazione dei fondi. Per noi resta fondamentale il superamento del digital divide“, afferma Federico Fornaro. Inoltre, la richiesta di LeU – riportada da Loredana De Petris – è anche quella di “uno stretto contatto tra governo e Parlamento, visto che il tempo di discussione è poco da qui alla fine del mese”
Più laconica Giorgia Meloni che – come altri – ribadisce di non aver avuto accesso alla bozza del Piano: “Abbiamo incontrato il presidente Draghi con il ministro Franco e alcuni esponenti del governo, si è parlato di Pnrr, di ristori, di tessuto produttivo, di riaperture e a oggi non conosciamo il Piano nazionale di ripresa e resilienza del governo, che non ha ritenuto di illustrare il piano e ha piuttosto chiesto le nostre proposte, che abbiamo ribadito“. Intanto, per il Pd, il sottosegretario agli Affari Europei, Enzo Amendola alla Stampa ribadisce: “Presenteremo il nostro piano entro fine aprile ed è bene ricordare che il confronto con la task force della Commissione va avanti non da ieri, ma dal 15 ottobre. Le sei missioni e le componenti del piano sono note a Bruxelles, che nel tempo ha sempre dato indicazioni di modifiche”. Verrebbe da dire: i dettagli delle sei missioni saranno note a Bruxelles, ma non in Italia. E questo è un paradosso non indifferente. Intanto viene ribadito: “Il confronto con Parlamento, Regioni, enti locali e parti sociali, lo ha arricchito. Trovo comprensibile che ogni ministero abbia aggiunto ulteriori progetti, ma voglio sottolineare che questo piano non è un album dei sogni da colorare con progetti utopistici. Le priorità sono investimenti mirati e riforme puntuali”.
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In sostanza, le parole dei diversi rappresentanti politici sul Recovery ci restituiscono una duplice realtà. Da un lato molti partiti non conoscono i reali contenuti del Recovery, non hanno ricevuto nessuna bozza e si sono limitati a fare le loro proposte senza poter scendere nel dettaglio; dall’altro chi è dentro l’organizzazione del Recovery rassicura: Bruxelles è stata aggiornata e faremo in tempo. Sì, ma faremo in tempo a fare cosa? A questo, neanche i partiti di maggioranza sanno rispondere in maniera completa. E allora si continua così, ad avanzare proposte sulla base di nulla, a effettuare incontri pro-forma e ad attendere l’incalzare delle polemiche quando tutto sarà deciso.