Mancano meno di due mesi e mezzo al 1° luglio, data più o meno ufficializzata in cui l’assegno unico e universale dovrebbe fare il suo debutto e segnare così la riforma più importante mai approvata in Italia per il sostegno alle famiglie, mettendo finalmente ordine nelle tante risorse che nei decenni di erano disperse in troppi rivoli (dal bonus bebè al premio alla nascita). La misura interesserà il 27,3% dei nuclei familiari italiani e, indubbiamente, arriva in un momento particolare per il Paese, visto il calo record delle nascite nel 2020 (mai così poche: solo 404 mila, dall’Unità d’Italia). In media, finora a ogni figlio fino a 21 anni sono andati circa 120 euro al mese tra assegni e detrazioni. L’obiettivo della riforma, che stanzia 20 miliardi di euro, è portare la cifra ad almeno 170 euro al mese, anche se gli annunci roboanti delle prime ore avevano parlato di 250 euro, cosa però difficilmente realizzabile necessitando di 10 miliardi aggiuntivi (leggi qui la proposta fatte dal gruppo di lavoro Arel che ipotizza un incremento medio dell’assegno di 600 euro all’anno per ogni figlio).
I genitori, però, si pongono numerose domande in merito: a quanto ammonterà l’assegno? Ne avranno diritto davvero tutti? I figli con handicap riceveranno più soldi? Cerchiamo di chiarire i dubbi.
Cos’è l’assegno unico universale per i figli?
L’assegno unico concentrerà in un’unica soluzione i vari aiuti già esistenti per le famiglie che, tra assegni, bonus e detrazioni, negli anni hanno disperso le risorse in troppi rivoli. Secondo le simulazioni fatte nell’autunno scorso, gli importi degli assegni (che le famiglie riceveranno dal settimo mese di gravidanza fino al compimento dei 18 anni di età dei figli; estendibili ai 21 anni, sei i figli sono studenti o disoccupati) oscilleranno tra i 50 euro e i 250 euro circa, mentre la direttrice che regola questo nuovo impianto normativo è il principio universalistico. Il beneficio economico è infatti attribuito progressivamente a tutti i nuclei familiari con figli a carico al fine di favorire la natalità, di sostenere la genitorialità e di promuovere l’occupazione, in particolare femminile, senza distinzione, come accadeva finora, tra lavoratori autonomi o dipendenti, capienti o incapienti.
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Chi ha diritto all’assegno unico?
L’assegno unico è rivolto a tutti i cittadini italiani, a quelli dell’Unione europea e agli extracomunitari con permesso di soggiorno di lungo periodo, di lavoro o di ricerca, residenti in Italia da almeno due anni anche non continuativi e, ovviamente, con figli a carico (dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni di età). Il nuovo assegno, sotto forma di credito d’imposta o di denaro, non è solo per i lavoratori dipendenti, pubblici e privati: nella misura rientrano, infatti, anche gli autonomi, i liberi professionisti e i disoccupati. I beneficiari devono essere soggetti al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia , dove devono risiedere, con i figli a carico, per l’intera durata dell’assegno. L’assegno è riconosciuto ad entrambi i genitori, tra i quali viene ripartito in egual misura. In loro assenza, spetta a chi esercita la responsabilità genitoriale. In caso di separazione o divorzio, l’assegno viene generalmente erogato al genitore affidatario, mentre se l’affidamento è congiunto o condiviso, l’assegno è ripartito tra i genitori.
Anche i figli maggiorenni hanno diritto all’assegno unico?
Come detto, il limite di età per accedere al contributo è 21 anni. Ma per la fascia 18-21 l’assegno è ridotto rispetto a quello rivolto ai figli minorenni ed è vincolato a determinate condizioni: il figlio maggiorenne deve essere iscritto all’università o a un corso di formazione scolastica o professionale. Ha diritto all’assegno anche il figlio over 18 e under 21 che sta svolgendo il servizio civile universale, un tirocinio o un’attività lavorativa limitata che assicuri un reddito molto basso (il cui tetto non è però stato ancora fissato). Rientrano nella categoria anche i ragazzi under 21 disoccupati e in cerca di lavoro. Per la definizione di figlio a carico si fa riferimento al Testo unico delle imposte sui redditi: l’articolo 12, comma 2, definisce fiscalmente a carico il figlio che abbia un reddito non superiore a 4 mila euro (2.840,51 euro nel caso abbiano un’età superiore a 24 anni).
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L’assegno unico per figli con disabilità sarà maggiorato? E come si calcola?
L’assegno unico sarà maggiorato per ciascun figlio con disabilità fino a 21 anni di età per un’aliquota compresa tra il 30% e il 50%, graduata secondo la classificazione della disabilità. L’assegno è riconosciuto anche ai figli disabili con età superiore ai 21 anni senza però alcuna maggiorazione. L’assegno è calcolato in base alla condizione economica del nucleo familiare, individuata attraverso l’indicatore Isee o sue componenti, tenendo conto dell’età dei figli a carico e dei possibili effetti di disincentivo al lavoro per il secondo percettore di reddito nel nucleo familiare.
A quanto ammonta l’assegno unico per i figli?
Secondo la simulazione fatta dal Gruppo di lavoro Arel/Feg/Alleanza per l’infanzia, con i 20 miliardi stanziati, l’assegno potrebbe aggirarsi intorno ai 145 euro al mese per ogni figlio minore. Se invece venisse assegnato in base all’Isee si avrebbero questi scaglioni:
- Famiglie con Isee sotto i 30 mila euro: 161 euro al mese per ciascun figlio minorenne;
- Famiglie con Isee tra i 30 mila e i 52 mila euro: un importo decrescente tra i 161 euro e i 67 euro;
- Famiglie con Isee oltre i 52 mila euro: 67 euro al mese per ciascun figlio minorenne.
Come viene liquidato l’assegno unico per i figli?
Infine, ricordiamo che l’assegno unico è liquidato come credito d’imposta o come erogazione mensile di una somma in denaro. Il beneficio è cumulabile sia col reddito di cittadinanza che con la pensione di cittadinanza e viene corrisposto congiuntamente ad essi. L’assegno è compatibile anche con eventuali misure in denaro a favore dei figli a carico erogate dalle Regioni, dalle province autonome e dagli enti locali.