La riforma sanitaria in programma in Italia potrebbe cancellare le figure dei medici di famiglia. L’idea al momento è quella di sostituirlo con delle strutture multi-professionali. Un ufficio unico in cui il malato può entrare in contatto con diversi specialisti, in base alle sue particolari necessità. Una scelta di questo genere però potrebbe penalizzare alcune categorie.
I medici di medicina generale – in gergo tecnico Mmg – sono una delle figure maggiormente di fiducia per le famiglie. Essi si tramandano di genitori in figlio e, talvolta, conoscono a fondo il quadro clinico di ogni membro del nucleo familiare. Pronti a dare una mano in casi di difficoltà, ma troppo spesso costretti a delegare ai colleghi specialisti l’analisi dei sintomi che colpiscono i propri pazienti. L’Italia, proprio per questa ragione, potrebbe presto dirgli definitivamente addio. La riforma sanitaria in programma con il Piano nazionale di ripresa e resilienza sembrerebbe infatti volere cancellare la figura dei medici di famiglia. Essi, come rivela l’edizione odierna del Messaggero, verrebbero sostituiti dagli “uffici unici per il malato”. Un’idea che, tuttavia, non piace a tutti.
Gli uffici unici per il malato: cosa sono
Un ufficio unico per il malato è una struttura multi-funzionale. I pazienti, al suo interno, troverebbero dei professionisti pronti a offrire i propri servizi in base alle rispettive competenze. Essi si alternerebbero su turni. Il rapporto di costanza e fiducia, tipico dei medici di famiglia, verrebbe dunque a mancare a favore di maggiori opportunità dal punto di vista sanitario per i malati. La digitalizzazione delle schede cliniche dei pazienti permetterebbe inoltre ad ogni specialista di conoscere la storia clinica di questi ultimi all’occorrenza.
Al momento si tratta ad ogni modo soltanto di una proposta avanzata da diverse associazioni di categoria. Essa, tuttavia, ha generato non poche polemiche. Il timore, infatti, è che possa avvenire una “spersonalizzazione” della cura. Un processo di questo genere danneggerebbe soprattutto i pazienti più fragili.
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L’Italia non vuole dire addio ai medici di famiglia
Gli anziani e i malati cronici non intendono fare a meno dei medici di famiglia. Il ruolo di fiducia instaurato tra le due categorie è infatti per loro imprescindibile. “Conosco il mio dottore, so che posso contare su di lui. E lui conosce me. Mi ha curato per il diabete sa cosa devo prendere se non mi sento molto bene. Senza di lui non saprei a chi rivolgermi. Anche per il vaccino contro il virus, non so come avrei fatto se non ci fosse stato lui a tranquillizzarmi“. Lo ha raccontato Anna, 72 anni, ai microfoni del Messaggero. L’idea di trovarsi ad ogni visita di fronte ad uno sconosciuto spaventa fortemente gli italiani.
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Il parere degli esperti
Non sono soltanto i pazienti, tuttavia, ad opporsi alla nascita degli “uffici unici per il malato”. A parlarne è stato Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie: “Se il medico si trova all’interno di una comunità di persone, allora diventa uno studio di vicinato, molto autorevole“, ha detto Egli ha il ruolo di rassicurare la comunità. Non ovunque, tuttavia, accade questo. “Laddove invece ci si trova nei centri delle città, dove i legami tendono già a essere meno stretti, si ha già più difficoltà a creare un rapporto col paziente“. Una delle Regioni con maggiori difficoltà di questo genere, ad esempio, è la Calabria. Le popolazioni delle zone di montagna infatti sono spesso isolate e non instaurano rapporti con i propri medici di famiglia. “È uno dei territori che, logisticamente e geograficamente, ha siglato accordi che non sono adeguati alle sue caratteristiche“. La riforma sanitaria in programma con il Piano nazionale di ripresa e resilienza dovrebbe dunque tenere conto di queste particolarità.
Della medesima idea è anche Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani, la quale ha sottolineato che “il problema delle disfunzioni del sistema sanitario non dipende dal ruolo dei medici di base”. E sulla Calabria ha aggiunto: “La Regione ha disinvestito sulla medicina generale offrendo una risposta specialistica con il secondo livello ospedaliero accreditato ai privati”.