Per i fatti di sabato 10 aprile a Milano, sono indagati i rapper Neima Ezza e Baby Gang e altri 11 ragazzi tra cui 3 minorenni.
Era scattata per Neima Ezza la prima denuncia dopo i fatti di sabato 10 aprile, quando il rapper milanese – 19 anni – aveva chiamato dei ragazzi per girare un video a Milano, nel quartiere San Siro. Un raduno non autorizzato che ha dato vita ad un assembramento contrario alle normative anti covid, sfociato poi in una vera e propria guerriglia urbana contro le Forze dell’Ordine. Sabato, intorno alle 17,30, i fatti erano stati segnalati alla questura, intervenuta sul posto. All’arrivo delle forze dell’ordine, i ragazzi – ripresi a ballare, cantare e salire sulle auto in sosta -si sono inizialmente dileguati verso piazzale Selinunte per poi ricompattarsi e attaccare gli agenti, lanciando pietre, bastoni e bottiglie. La polizia ha reagito con un lacrimogeno e la situazione, di lì a poco, si è contenuta.
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Ma non è finita lì. Neima Ezza è indagato per essersi reso promotore, in luogo pubblico, del raduno senza tra l’altro averne dato preavviso. Nei guai anche i ragazzi. Infatti, la Polizia sta eseguendo a Milano tredici decreti di perquisizione. I provvedimenti sono stati emessi dal sostituto procuratore Alberto Nobili, coordinatore del pool antiterrorismo della Procura, e da Ciro Cascone, procuratore presso il Tribunale per i Minorenni, nei confronti di dieci maggiorenni e tre minorenni, “per manifestazione non preavvisata, violenza e resistenza a pubblico ufficiale aggravate, nonché per porto d’armi per un maggiorenne”. Indagato anche il rapper Baby Gang, ripreso con Ezza a girare il video.
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Nell’inchiesta sono confluite le informative della Digos, della Squadra mobile e degli agenti del Commissariato Bonola intervenuti sul posto. Secondo le ricostruzioni dei fatti, sarebbero stati in 300 a partecipare alle riprese. Meno, coloro che hanno reagito scagliandosi contro le Forze dell’Ordine. Dei ragazzi coinvolti e finiti nel mirino, tre sono minorenni. Nello specifico, Babygang e Neima Ezza sono accusati di violenza o minaccia e resistenza a pubblico ufficiale e manifestazione non preavvisata. I reati contestati per gli altri sono invece concorso per manifestazione non preavvisata, violenza e resistenza a pubblico ufficiale aggravate. A un indagato è stato contestato il porto d’armi. Le perquisizioni hanno come obiettivo quello di trovare elementi sulla “ragionevolmente ipotizzabile sussistenza di altri reati caratterizzati da situazione di connessione”.