Vaccini, una cura per i casi di trombosi rare. Ma il fattore tempo è cruciale

Secondo due studi pubblicati sul «New England Journal of Medicine» esiste un modo per ridurre i rischi da trombosi indotta da vaccino, in particolar modo da AstraZeneca.

Prevenire, quando si può. Altrimenti, curare. Secondo due studi pubblicati sul «New England Journal of Medicine» esiste un modo per ridurre i rischi da trombosi indotta da vaccino, meglio definita “trombocitopenia trombotica”.  Anche se i casi continuano ad essere ridotti, la patologia collegata in particolare ad AstraZeneca – a anche ad altri vaccini utilizzati contro il Covid19 – ha indotto alcuni Paesi, tra cui anche l’Italia, a bloccarne la somministrazione. Una comunicazione disastrosa ha creato panico tra la popolazione e molti, intanto, hanno rinunciato alla dose alimentando quel fronte – forse giustificato, in tal caso, dalla paura di avere dal vaccino rischi peggiori del virus stesso – dei no-vax. Insomma, molti si sono tirati indietro mentre i governi hanno proceduto a macchia di leopardo mentre l’Ema, dal canto suo, ha tentato di fare ordine e di rassicurare, in un primo momento, sui pochi casi riscontrati rispetto al numero di vaccini somministrati.

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Ciò nonostante, l’Agenzia europea per i medicinali non ha potuto far altro che riconoscere la correlazione, proponendo alla fine di riservare , in via del tutto precauzionale, il vaccino AstraZeneca agli over 60. Una raccomandazione, non un obbligo. E intanto arrivano le prime cure per rispondere alla manifestazione di trombosi. Il gruppo Scienziate per la Società, in un articolo pubblicato su Il Corriere della Sera, ha riferito che la frequenza e le caratteristiche della sindrome sono ancora poco definite. Ma c’è anche una buona notizia: “Esiste una terapia per curarla, quando diagnosticata precocemente: infusione di immunoglobuline e anticoagulanti non eparinici”. 

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Anche gli autori dei due studi pubblicati su Nejm suggeriscono che il trattamento precoce con immunoglobuline e anticoagulanti non eparinici può essere utile nei casi di trombocitopenia trombotica immunitaria indotta da vaccino. Tuttavia, in alcuni pazienti, la trombosi venosa o arteriosa può svilupparsi in siti insoliti come il cervello o l’addome. “Se è accompagnata da trombocitopenia, può rappresentare un effetto avverso della vaccinazione”. Secondo gli autori dello studio, tuttavia, anche in questo caso il fattore tempo è fondamentale. Bisogna riconoscere subito i sintomi, così da attuare la strategia terapeutica. Quindi somministrare immunoglobuline ad alte dosi per via endovenosa, “specialmente quando un paziente presenta una condizione grave, come la trombosi venosa cerebrale”, raccomandano gli autori dello studio. Quanto ai farmaci, andrebbero usati anticoagulanti non eparinici, “come per esempio apixaban, rivaroxaban, fondaparinux”.

“Necessario avere indicazioni precise” 

“È ora necessario – proseguono le esperte — che gli ospedali ricevano indicazioni precise su come riconoscere e trattare questa sindrome e che i medici vaccinatori siano allertati e informati per incoraggiare i soggetti vaccinati a chiedere assistenza medica se dovessero insorgere i disturbi caratteristici”. I sintomi – tra cui difficoltà respiratoria, dolore al petto, forte mal di testa, dolore addominale persistente, vista offuscata, vertigini, comparsa spontanea di lividi – compaiono da cinque a 20 giorni dopo la vaccinazione. Ed è quindi fondamentale prestare attenzione ad un’eventuale comparsa.

Ciò nonostante, i casi rimangono esigui. “Vengono alla luce problemi che in una condizione normale sarebbero passati inosservati”, afferma l’esperto Francesco Broccolo. Su 34 milioni di vaccini AstraZeneca somministrati in Europa, infatti, sono avvenute 30 morti per le quali si è ipotizzato un legame con il vaccino. Vale a dire un caso su un milione. “Ma in una sperimentazione di fase 3 non è mai accaduto che fossero arruolati 34 milioni di persone. Non avremmo visto niente perché in un trial clinico completo non avremmo raggiunto un campione tale da far emerge il presunto legame con le trombosi cerebrali”, prosegue. E intanto prende corpo l’ipotesi di effettuare il richiamo con un vaccino diverso rispetto a quello della prima inoculazione. All’Ospedale Spallanzani di Roma è giò in atto una sperimentazione sulla seconda dose, dopo la prima con AstraZeneca, utilizzando altri vaccini tra cui lo Sputnik. Seicento volontari, dopo la prima dose con AZ, avranno la seconda con Pfizer, Moderna e Sputnik.

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