Strage di Bologna, gli ex Nar rischiano un nuovo processo per falsa testimonianza. Fioravanti indagato anche per calunnia contro un ex comandante dei carabinieri di Padova. Il figlio del superteste Massimo Sparti: “Sono scomodo, ho detto la verità ma mi fucilerebbero”
Rischiano un nuovo processo per falsa testimonianza e calunnia Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, gli ex membri dei Nuclei armati rivoluzionari già condannati in via definitiva per la strage di Bologna del 2 agosto 1980. Nella sentenza di condanna all’ergastolo nei confronti di Gilberto Cavallini, la Corte d’Assise di Bologna aveva trasmesso gli atti alla Procura per presunti reati commessi durante il dibattimento. Gli ex Nar si sono sempre dichiarati innocenti per la strage.
Strage di Bologna, gli ex Nar rischiano un nuovo processo
Ora la Procura di Bologna ha chiuso ora le indagini, atto che di solito precede la richiesta di rinvio a giudizio. I pm hanno notificato gli avvisi di garanzia a Ciavardini, Mambro e Fioravanti, oltre a Elena Venditti, Giovanna Cogolli e Stefano Sparti. Quest’ultimo è figlio di Massimo Sparti, testimone chiave del processo terminato con la condanna di Mambro e Fioravanti, secondo cui il padre avrebbe ammesso di essere stato “imbeccato”.
“Me lo aspettavo, è il gioco delle parti, ci sta – commenta Stefano Sparti all’Adnkronos –. La cosa ironica è che mi chiedevano di andare a testimoniare, affermando che andavo in tv ma non in Tribunale, ma io non andavo intanto perché ero piccolo, e poi avevo paura, visto come avevano trattato mio padre. E anche perché mia madre mi ha sempre detto di farmi gli affari miei. Poi uno matura, ho avuto un figlio, che non sta bene, e le cose cambiano. In ogni caso, alla fine sono andato in Tribunale e il risultato è l’accusa di falsa testimonianza”.
Stefano Sparti: “Sono scomodo, mi fucilerebbero”
“Peccato che non c’è più la pena di morte, altrimenti mi fucilerebbero per aver detto la verità al processo. Sono scomodo e tornando indietro col cavolo che lo rifarei. E mi dispiace, perché so di aver fatto la cosa giusta. Ma la cosa giusta, alla fine, va a danneggiare mio figlio e non me lo posso più permettere. Ma io ora voglio il processo, voglio andare a dire la mia verità, loro no. Ma figuriamoci se non mi condanneranno”. Così Stefano Sparti, sempre all’Adnkronos.
E aggiunge: “Adesso combatterò fino in fondo, ma se dovessi tornare indietro io questa cosa non la rifarei, non andrei nemmeno in tv, perché finché togli tempo a me e diventa una battaglia mia, va tutto bene, ma quando nel frattempo mio figlio va in arresto cardiaco e io non posso andare in ospedale da lui perché magari sono in aula a testimoniare, com’è successo, non me lo posso permettere. Tornando indietro non lo rifarei, ma se mi dovessero condannare dandomi i domiciliari, io ‘evaderò’, nel senso che mi allontanerò pochi metri da casa per farmi arrestare e portare in carcere, perché se davvero sono così bastardo da inventarmi una cosa del genere, allora significa che sono una brutta persona e merito il carcere”.
“Io ho detto quello che ricordavo – sottolinea Sparti –. Possono esserci imprecisioni, ma non possono dire che ho detto il falso, al massimo che ricordo male. Io mi ricordo questa cosa, ma la ricordano pure gli altri, quelli che non la confermeranno in Tribunale. Ma stiamo parlando di cose che io ricordo, loro non c’erano però dicono che mento. Come fanno ad accusarmi di mentire su una cosa che io ricordo? Loro non hanno prove del contrario. Come fanno?”.
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Falsa testimonianza e calunnia: le accuse contro Fioravanti
Valerio Fioravanti, come si legge nell’avviso di 415 bis, è accusato anche di calunnia. La parte offesa sarebbe l’allora comandante della Sezione Anticrimine dei carabinieri di Padova Giampaolo Ganzer. Secondo i pm, Fioravanti avrebbe “affermato falsamente” che il militare “aveva dato disposizioni al personale sanitario dell’Ospedale civile di Padova, che aveva in cura il Fioravanti” affinché venisse “lasciato morire sulla barella”, aveva dichiarato l’ex Nar.
Circostanza che secondo Fioravanti sarebbe stata confermata anche “a Salvini”, gip del Tribunale di Milano. Al quale sarebbe stato detto: “Ma Fioravanti non ne voleva sapere di morire, io ho fatto di tutto, ma lui non è morto”. Ganzer fu il militare “che il 5 febbraio 1981 aveva proceduto ad identificare in Fioravanti Valerio il giovane (che aveva fornito le false generalità di De Angeli) ricoverato presso l’Ospedale suddetto, a seguito del conflitto a fuoco” in cui persero la vita i carabinieri Enea Codotto e Luigi Maronese.
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Inoltre, Fioravanti “deponendo come testimone” dinanzi “alla Corte di Assise di Bologna nel processo penale a carico di Gilberto Giorgio Guido Cavallini – si legge negli atti – incolpava di aver tentato di farlo uccidere dal personale medico dell’Ospedale civile di Padova il medesimo capitano Ganzer”. Che in realtà, “sapeva essere innocente e aver svolto indagini sulla strage di Bologna”.