C’è una svolta che riguarda le regioni e che, di riflesso, riguarderà anche il rapporto Stato-Regioni. Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna, ha lasciato la presidenza della Conferenza delle Regioni, e ha annunciato: “Oggi la Conferenza della Regioni e della Province autonome eleggerà un nuovo presidente e un nuovo vicepresidente“. Dietro questo abbandono, una motivazione ben precisa: “Da tempo la stragrande maggioranza di Regioni è a guida centrodestra“. E ora?
Il governatore della regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini ha annunciato che oggi “la Conferenza della Regioni e della Province autonome eleggerà un nuovo presidente e un nuovo vicepresidente“. Un cambio vertice già ventilato, ma di certo non atteso in maniera così repentina. Che prima o poi sarebbe arrivato, lo si sapeva. Lo stesso Bonaccini sottolinea su Facebook: “Avevo ribadito a più riprese, da un anno a questa parte, la mia disponibilità a questo avvicendamento posto che da tempo la stragrande maggioranza di Regioni è a guida centrodestra (e se ho potuto guidare in modo unitario la Conferenza, anche in queste condizioni, lo debbo anzitutto a loro, che mi hanno sostenuto e permesso di trovare sempre una sintesi)“.
E, sottolinea Bonaccini, non è di certo un caso singolare. Da quando ha assunto la presidenza della conferenza delle regioni nel 2015, Bonaccini ha “avuto l’onore e il privilegio di guidare la Conferenza dalla fine del 2015, collaborando con tutti i colleghi presidenti (a prescindere dal colore politico) e con cinque governi che si sono succeduti in questi anni (anche in questo caso di colore politico molto diverso)“, ribadisce su Facebook.. Eppure, questa volta è diverso: le regioni con un governatore di centrosinistra sono solo cinque, un numero notevolmente inferiore rispetto a quelle con governatori di centrodestra, troppo inferiore per lasciare un membro del Pd a guida della Conferenza. Ma ora?
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La richiesta di un accordo unitario
Anche se si tratta di un “avvicendamento” che andava fatto, ora il rischio è di destabilizzare ulteriormente gli equilibri nel pieno di un’emergenza. Per questo Bonaccini fa sapere di aver chiesto “che questo cambio si producesse però con un accordo unitario, per non aprire nell’emergenza una divisione tra noi e un indebolimento nel confronto col Governo nel momento in cui siamo chiamati a contrastare la pandemia e i suoi effetti drammatici sulla vita dei cittadini. Mi pare che questa sera si siano raggiunte queste condizioni e che nella giornata di domani si potrà procedere, quindi in tempi rapidissimi e in modo davvero unitario come avevo auspicato“. Ed è anche per questo che Bonaccini continua a offrire la sua piena disponibilità per una collaborazione in qualità da governatore della regione Emilia-Romagna: “Per parte mia penso che gli incarichi si ricoprano protempore e nell’interesse anche di chi la pensa diversamente da te. Spero di averlo dimostrato in questi anni e spero di poterlo dimostrare ora sostenendo lealmente chi prenderà il mio posto“. Queste le parole.
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E i fatti?
Al di là delle parole di solidarietà e di elogio spese per la collaborazione appena conclusa, ora sarà necessario trovare un sostituto di centrodestra valido, in grado di non destabilizzare un rapporto Stato-regioni già a lungo deteriorato. A breve si deciderà definitivamente a chi attribuire questo ruolo. L’elezione del nuovo presidente della Conferenza Regioni spetta infatti all’assemblea, ovvero all’unione dei presidenti delle regioni e delle province autonome. L’assemblea, ricorda la Repubblica, può scegliere il nuovo presidente e il suo vice, eletti in prima o in seconda votazione all’unanimità dei presenti, con voto palese e votazione separata. Al momento, il principale candidato sembra essere Massimiliano Fedriga, governatore leghista del Friuli Venezia Giulia. Il nome di Fedriga sembra esser emerso in un accordo durante una conferenza straordinaria convocata di recente. Si attende l’elezione dell’assemblea (che dovrebbe avvenire intorno alle 18) anche per quanto riguarda il ruolo da vicepresidente, conteso da due governatori del Pd: Michele Emiliano e Vincenzo De Luca. Un nome, quello di De Luca, che però potrebbe introdurre una nuova nota di tensione nei rapporti Stato-regione. E quindi smentire l’auspicio iniziale. Non sono lontane le accuse reciproche legate alla gestione dell’emergenza, spesso incalzate da De Luca durante la sua diretta settimanale e recuperate da ministri intenti a smentire le frasi del governatore.
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Non è lontana l’autogestione nell’imposizione delle zone rosse, nella chiusura delle scuole, e nella gestione dei vaccini. E non sono lontane neanche le esplicite critiche di De Luca rivolte alle decisioni del governo. L’ultima risale esattamente a oggi, e riguarda la riconferma della Campania in zona rossa a causa dell’alto Rt della scorsa settimana: “Alcuni sono criteri demenziali, come l’occupazione delle terapie intensive e numero di morti per Covid19. E poi c’è l’RT, l’indice di contagio… E così noi oggi abbiamo terapie intensive occupate al 26% ma siamo zona rossa”. Questo lo stato di cose attuale. La speranza è che con la sostituzione di Bonaccini queste costanti stilettate non si trasformino in qualcosa di peggio e ben più paralizzante.