Il Veneto riconquista la sua zona arancione, provocando un moto di soddisfazione da parte del suo presidente della regione Luca Zaia, che però ribadisce: “C’è il virus, c’è il problema sociologico e uno economico, credo che i 21 parametri siano superati rispetto alla diagnostica, il sistema di cure e il vaccino che abbiamo oggi“.
Migliora la situazione Covid in Veneto, che sembra soddisfare tutti i parametri per tornare in zona arancione. Nella giornata di ieri sono stati 507 i nuovi contagi Covid nel giro di 24 ore, 9.888 i tamponi processati, con un tasso di incidenza del 5,13%. Sono questi i dati all’alba del suo (già attivo) ritorno in zona arancione della regione Veneto. E’ lo stesso presidente della regione Luca Zaia a fare il punto su contagi e vaccinazioni durante la conferenza stampa di ieri: ci “sono quasi 37mila persone isolate in casa” e “non bisogna abbassare la guardia, anche perché i dati oscillano. L’età media dei contagiati è di 55 anni. Curati gli anziani ora è normale che il target sia calato”. Prosegue, però, la campagna di vaccinazione che incrocia – inevitabilmente – il tema della riapertura delle scuole. “Abbiamo vaccinato circa il 68% degli insegnanti e abbiamo già predisposto il sistema trasporti con dad al 50%: a scuola andranno 700mila persone. All’apertura dei cancelli di stamane avevano 132.371 dosi”.
I numeri, però, sono ancora troppo bassi, e sarebbero imputabili – secondo Zaia – ai rallentamenti legati al vaccino AstraZeneca: “La mancanza di vaccinazione degli insegnanti è dovuta al fatto che abbiamo avuto un rallentamento al momento dello stop di Astrazeneca e che comunque dobbiamo sempre puntare prima agli over 80 e ai fragili quindi ai docenti”. Cosa aspettarsi per i prossimi giorni? “In Veneto sono arrivate 125mila fiale di Pfizer e questa settimana arriverà solo questo vaccino”, ribadisce Zaia.
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Il ritorno in zona arancione
Durante la sua conferenza stampa, il presidente della regione ha – ovviamente – anche annunciato il ritorno in zona arancione: “Da oggi è giornata arancione. La responsabilità passa in capo ai cittadini, più responsabilità meno contagi”. Eppure la zona arancione non basta, lo sguardo resta rivolto ad altre possibili riaperture, che potrebbero esser consentite da un via libera governativo in presenza di dati particolarmente favorevoli: “Il decreto prevede zona rossa e arancione fino al 30 aprile, secondo i parametri, e prevede anche un varco che qualora ci fossero le possibilità si potrebbe allentare“. Ma il punto, secondo Zaia, sono proprio i criteri su cui viene calcolata o meno l’opportunità del passaggio da una zona all’altra: “C’è il virus, c’è il problema sociologico e uno economico, credo che i 21 parametri siano superati rispetto alla diagnostica, il sistema di cure e il vaccino che abbiamo oggi. Rincorriamo dei parametri che non tengono conto di quanto fatto, attendiamo l’incontro con il premier Draghi di giovedì“. Insomma, bene la zona arancione, ma male i parametri su cui è stata stabilita.
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Il faccia a faccia Draghi-regioni
La situazione sulle riaperture si fa sempre più tesa, soprattutto per quanto riguarda l’antico, complesso rapporto Stato-regioni. Dai presidenti di regione arriva il pressing per alzare le saracinesche delle attività economiche già dal 20 aprile, mentre la Lega invoca il calendario delle riaperture. Questo, senza contare la manifestazione di piazza che nella giornata di ieri, a Roma, ha alzato ulteriormente la tensione. Intanto, Palazzo Chigi cerca di rassicurare sui vaccini: le dosi ci sono, ora spetterà alle regioni organizzarne la distribuzione. I governatori “hanno tutte le armi per correre“, ribadisce il ministro Speranza, stando a quanto riportato dal Corriere. La speranza è che si tratti di un reale auspicio, e non di uno scarica-barile verso le regioni. Come a dire: noi, governo, abbiamo la coscienza a posto; ora la responsabilità è delle regioni.
A sottolineare la fiducia nel lavoro di Francesco Paolo Figliuolo, anche Mario Draghi che – come lui – crede nella possibilità di raggiungere le 500mila iniezioni al giorno per la fine di aprile. Un obiettivo cardine, legato a doppio filo al tema delle riaperture, che sarà analizzato nella giornata di oggi con i presidenti delle regioni. L’incontro sarà incentrato sul Recovery plan ma, con ogni probabilità, la discussione verrà allargata anche alle possibili riaperture. Sul tavolo peseranno non solo le posizioni di diversi governatori di destra, ma anche la posizione di Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini e presidente della Conferenza delle Regioni, già pronto a parlare di “parziali riaperture”.
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Oltre alle pressioni provenienti dalle regioni, come già sottolineato, Draghi dovrà affrontare anche le pressioni provenienti dal leader del Carroccio Matteo Salvini, che spinge il pedale sull’ipotesi di considerare la riapertura di alcune attività “fin da aprile” (a data ipotetica è quella del 20 aprile). Insomma, Mario Draghi sembra ritrovarsi per la prima volta in un fuoco incrociato, ma per il momento tiene il punto: ogni decisione sarà presa sulla base dei dati epidemiologici, di certo non in base a pressing politici di vario tipo, nazionali o regionali.