Nicola Mina, 28 anni, si è suicidato dopo essersi pagato il funerale. Sconvolto un intero paese, San Pietro di Cadore (Belluno).
Tra circa un mese, Nicola Mina avrebbe compiuto 29 anni. Secondo i racconti di chi gli era stato vicino, emerge il quadro di un ragazzo fragile, pervaso da una certa inquietudine, peggiorata da paure e da insulti continui sui social che alla fine, lo hanno travolto. Nicola si è suicidato alla vigilia del processo per tentato omicidio nei confronti di un venditore ambulante. Tutta la comunità di San Pietro di Cadore (Belluno) è sconvolta.
«Ci ha lasciato un ragazzo di 28 anni che doveva essere aiutato», ha detto il suo legale Danilo Riponti, «Non voglio dire capito. Il gesto lo aveva fatto ma bisognava capire cosa c’era dietro». Il suo è stato un gesto premeditato che ha sconvolto i suoi familiari. Da quanto si apprende da fonti investigative parrebbe che, a inizio marzo, Mina si fosse pagato il funerale, poi tenutosi in questi giorni. Una scelta probabilmente coltivata nel suo animo per un mese. Si poteva salvare, aiutare? Secondo il suo legale, Riponti, il suo star male ha avuto inizio tempo prima, quando «abbiamo voluto guardarlo senza umanità».
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La vicenda
L’8 agosto 2020, intorno alle 17 a San Pietro di Cadore (Belluno), in piazza, scoppiò una discussione tra Nicola Mina e un venditore ambulante, M.S.W., 47 anni, senegalese. Volano parole grosse e insulti, poi il dramma: il giovane prese un coltello che aveva in tasca e colpì due volte l’addome dell’uomo che cadde a terra nel sangue. L’uomo, trasportato subito all’ospedale, fu ricoverato. Nicola fu arrestato e poi restò ai domiciliari.
«Sono musulmano», aveva detto M.S.W. una volta uscito dal nosocomio. «La mia religione mi invita a perdonare e lo perdono. La giustizia farà ciò che deve ma non voglio vendetta né gli auguro di finire in prigione per la violenza che mi ha fatto. Perché la prigione rende peggiori e io penso che quel ragazzo deve migliorare stando fuori e pentendosi del suo comportamento».
Intanto, però, sui social, Nicola era stato ricoperto di insulti. Il 28enne non reggeva quelle offese e iniziò a sentirsi soffocare. Spesso aveva inviato al suo legale alcuni commenti che vedeva sui social e chiedeva la ragione di quell’accanimento feroce. «Se le persone avessero cercato di capire un po’ di più l’uomo invece che lapidarlo», prosegue l’avvocato Riponti, «forse lo avrebbero aiutato a superare quel momento difficile. Non dimentichiamoci mai che dall’altra parte ci sono persone, esseri umani che da una parola o da un commento riportano delle cicatrici gravissime». Il legale confessa di essere rimasto «profondamente turbato» da quel che è successo.
Oggi c’è stata la prima e ultima udienza del processo: «Ci serva di monito. Io stesso mi sono interrogato negli ultimi giorni. Era un processo che volevo affrontare per dare una verità diversa da quella emersa. Non c’era l’odio razziale. C’erano invece delle problematiche da affrontare e da capire per un giusto giudizio. Nicola non è stato in grado di gestire il meccanismo terribile che si è avviato intorno a lui», ha chiosato il legale.