Ancora tensione tra governo e regioni dopo l’ultimo stop di Pasqua sui vaccini. Palazzo Chigi preme per riprendere a vaccinare in massa, ma per i governatori il problema è la mancanza delle dosi.
Il blocco sui vaccini durante la Pasqua non era previsto. Eppure c’è stato e i nervi sono ormai tesi. Mentre Mario Draghi parte per la Libia, il generale Figliuolo spinge nuovamente sui governatori chiedendo di utilizzare al più presto le dosi di vaccino disponibili. Un nuovo pressing e una nuova strigliata ai governatori da parte di Palazzo Chigi, che prova intanto a cercare di individuare colpe e responsabilità della frenata. Sono passati 100 giorni di campagna vaccinale in Italia e proprio mentre le cose sembravano andare meglio, l’ultimo crollo dei numeri delle vaccinazioni smentisce le aspettative. Da sabato a lunedì – circa 72 ore – il totale delle dosi somministrate è stato di quasi 500mila. L’obiettivo di un giorno, in tre: 211mila sabato, 92mila domenica e ieri 124 mila, secondo i dati di Repubblica.
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Eppure, il piano del generale Francesco Paolo Figliuolo sembrava diverso, almeno nella teoria. Cosa è andato storto? Secondo le Regioni, il problema sta nella mancanza delle dosi. Secondo il governo, le dosi ci sono ma non vengono utilizzate per una cattiva governance. Ci sarebbero infatti ancora tra le 2,3 e le 2,9 milioni di dosi da somministrare nei frigoriferi degli Enti Locali. “Le Regioni – attacca Palazzo Chigi – “non riescono a organizzarsi per la vaccinazione a domicilio degli over 80 e non sono ancora partite con il piano di immunizzazione per i 70enni”. Una strigliata era arrivata già qualche giorno fa, quando il Premier aveva criticato le Regioni colpevoli di non saper procedere in modo uniforme, con i vaccini. Ma per alcuni governatori, il problema non è l’organizzazione né la gestione della campagna vaccinale; è la materia prima che manca.
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“Per arrivare a somministrare 500.000 vaccini al giorno in tutta Italia, bisogna avere 500.000 dosi al giorno, cosa da cui siamo lontani ed è il primo lavoro di cui dovrebbe occuparsi il governo”, era stata la replica a Palazzo Chigi del governatore della Liguria Toti. Il problema che sollevano le Regioni è la mancata trasparenza della disponibilità di dosi, così come il problema dei tagli e dei ritardi che rendono complicato l’applicazione di un programma uniforme. Dello stesso parere era stato Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna: “In Emilia-Romagna il problema non è l’organizzazione, ma le dosi che non erano in numero sufficiente per vaccinare tutti quelli che saremmo in grado di poter fare”. Critico, sui ritardi, anche Luca Zaia, governatore del Veneto.
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Un’ altra problematica è che, su 3 milioni e mezzo di immunizzati totali, tra gli ultrasettantenni appena l’11% ha ricevuto la prima dose e solo l’1,87% anche il richiamo, secondo il report settimanale del Commissariato all’emergenza. Eppure, la fascia d’età tra 70 e 79 anni, conta un quarto delle 400 vittime di media al giorno. Poco meglio tra gli over 80, il 41% dei decessi, che sono stati vaccinati al 30% con due dosi e al 56% con una dose. Pesa ed ostacola il proseguimento del piano vaccinale anche un arrivo previsto di dosi ad aprile limitato a 8 milioni, meno degli 8,2 milioni di marzo. Le Regioni, Lazio in primis, chiedono più dosi. Obiettivo comunque, la vaccinazione di massa da cui dipende l’abbattimento dei decessi, la riapertura sicura delle scuole, le riaperture. Ma gli ostacoli sembrano essere diversi.
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