Il numero è abbastanza alto: il 40% degli intervistati dall’analisi Ipsos per DiMartedì preferisce vedere al governo la coppia Giuseppe Conte-Enrico Letta, dopo l’attuale esecutivo Draghi. Tra l’altro, il dato è in aumento rispetto a due settimane fa. Numeri più bassi, invece, per la coppia Salvini-Meloni, che ottiene un 35% di preferenze tra gli intervistati, con il 25% che non si esprime. A questo punto, fa notare Nando Pagnoncelli, “è un dato che ci sorprende, perché il centrodestra è avanti negli orientamenti di voto“. Come mai, allora, Letta e Conte spiccano tra i preferiti per un nuovo esecutivo? Pagnoncelli cerca di rispondere: “Letta e Conte rappresentano una novità per certi versi e qualcuno teme che Meloni-Salvini possano essere in forte competizione tra loro”. Ma a trainare la coppia Conte-Letta, sembra esser più il primo che il secondo.
Per capirlo, basta guardare i dati della domanda secca posta agli intervistati: tra questi leader di quale si fida di più oggi? In cima, il nome di Giuseppe Conte, con il 22% delle preferenze. Segue Giorgia Meloni con il 12% e Matteo Salvini, anche lui con il 12%. Solo dopo appare Enrico Letta, che riporta un 10%, seguito da Silvio Berlusconi (8%), Roberto Speranza (4%), Matteo Renzi (2%). Tant’è che un’ultima domanda scansa ogni legittimo dubbio: gli intervistati gradiscono di più Conte o Letta? Il 39% nomina Conte, il 22% nomina Letta. A questa domanda, una sorpresa spunta anche per la leader di Fratelli d’Italia, messa a confronto con il leader della Lega: il 28% preferirebbe Meloni, il 23% Salvini.
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Meloni e Salvini competono, ma con una differenza
Come ipotizzato da Pagnoncelli, a pesare sulla scelta di una possibile coppia Salvini-Meloni è la forte competizione che potrebbe istaurarsi tra di loro, qualora dovessero veramente ritrovarsi a governare insieme. Già durante il periodo di crisi del governo Conte II tra i due leader si era scatenata quella che potrebbe esser considerata una tacita battaglia per imporsi sulla compagine di centrodestra. In quei giorni si susseguirono dichiarazioni di apertura di Salvini, subito bollate da Meloni come inattuabili, accompagnate da richiami all’unità del centrodestra. In quel periodo si stava – di fatto – consumando una competizione per ottenere il ruolo di leader di centrodestra. Poi le posizioni sono parse inconciliabili, il centrodestra ha momentaneamente abbandonato l’appello all’unità e ogni leader è tornato alla semplice guida del proprio partito. Con una differenza. Giorgia Meloni (e Fdi) è fuori dalla maggioranza e il suo gioco di opposizione è nettamente più semplice.
Ma è un ruolo, quello dell’opposizione, che Salvini non vuole lasciare completamente a Meloni. Tant’è che la Lega sembra aver trovato un baricentro in grado – seppur in maniera precaria – di tenere un piede in due staffe: da un lato la linea padana e industriale dentro la maggioranza (si pensi a Giorgetti), dall’altro la linea sovranista e radicale fuori dalla maggioranza (Salvini). Così, Salvini continua a fare opposizione pur essendo leader di un partito che è dentro la maggioranza, cerca di esser presente là dove Meloni potrebbe prendersi tutto il bottino. Tuttavia, ripetiamo, è un equilibrio precario. Sia perché gli elettori potrebbero preferire l’originale nettamente schierato all’opposizione, sia perché questa strategia crea tensioni interne alla maggioranza. Così Salvini, al suo solito, gioca tutto, con il rischio di perdere tutto.
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Salvini vuole essere Meloni, ma la maggioranza soffre
Di fronte al nuovo decreto per il dopo Pasqua, decisamente prudente rispetto alla linea auspicata dalla Lega, Salvini non ha nascosto il proprio malcontento, attaccando direttamente il ministro della Salute Speranza: “Noi ci appelliamo alla scienza, noi ci fidiamo dei medici italiani. Se i dati scientifici classificheranno una regione come ancora a rischio, cioè rossa, si manterranno le chiusure. Se invece i dati scientifici classificheranno una regione come più sicura, cioè gialla o bianca, si comincerà a riaprire. Non si possono rinchiudere fino a maggio 60 milioni di persone per scelta politica, non medica o scientifica, del ministro Speranza“. Il confronto a porte chiuse tra i due, in cui Speranza ha illustrato a Salvini i dati dell’Iss, è servito a far sì che la Lega accettasse il decreto durante il Cdm. Tuttavia, non è servito a placare i toni “ufficiali” del leader del Carroccio, che continua a usare espressioni da opposizione, anche se all’opposizione non è. Salvini fa il suo gioco, contende l’attenzione degli elettori con Giorgia Meloni.
Ma anche la maggioranza ha i suoi equilibri, tanto che la risposta agli attacchi di Salvini è arrivata da Francesco Boccia, deputato e membro della Segreteria nazionale Pd: “Gli attacchi della Lega al ministro Speranza e al Cts sono inqualificabili e indegni. Le notizie che arrivano dalla Francia meritano il massimo rispetto e la considerazione sia da parte di chi è al governo sia da parte di chi vorrebbe riaprire tutto e presto. Riaperture affrettate rischiano di sfuggire di mano per la contagiosità estrema della variante inglese. Chi non vuole guardare la realtà potrebbe accorgersi che gli effetti devastanti degli errori di sottovalutazione della situazione precipitano in pochi giorni”. Piccata anche la risposta dei ministri M5s: “Voi della Lega che ai tempi di Conte chiedevate di non esautorare il Parlamento ora invocate aperture sulla base di una delibera del Cdm?“. Insomma, Salvini così compete con gli alleati di centrodestra e sfida la maggioranza. Il rischio, se andasse male, è di esser tagliato fuori da entrambi.