Un altro incontro del Consiglio dei ministri previsto per oggi pomeriggio alle 17:30 dovrebbe cercare di sciogliere anche i nodi sulle norme anti-Covid per il periodo immediatamente successivo alle festività pasquali. Intanto, prosegue il braccio di ferro tra aperturisti e rigoristi, che potrebbe concludersi a breve di fronte alla durezza degli ultimi dati sui decessi. Ma quali sono le posizioni su cui si consuma la contrattazione?
Gli ultimi dati sull’emergenza coronavirus destano ancora molta preoccupazione: nella giornata di ieri in Italia sono stati 16.017 i nuovi casi di coronavirus, con un tasso di positività che cala dall’8,2% al 5,3% (un calo a sua volta legato al numero di tamponi in più processati dal lunedì al martedì). Ma il dato inclemente è soprattutto quello riguardante le vittime, che passano dai 417 nella giornata di lunedì ai 529 nella giornata di martedì. A tutto questo quadro di preoccupazione si aggiunge una variabile: la variante inglese. “Nel contesto italiano in cui la vaccinazione sta procedendo ma non ha ancora raggiunto coperture sufficienti, la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante se non vengono adottate misure di mitigazione adeguate. Mentre la variante UK è ormai ampiamente predominante, particolare attenzione va riservata alla variante P.1 brasiliana“. Stando all’indagine condotta dall’Iss e dal Ministero della Salute, in data 18 marzo la prevalenza della variante inglese era dell’86,7%, mentre quella brasiliana del 4,0%.
Di fronte a questo scenario, un nuovo incontro del Consiglio dei ministri previsto per oggi (17:30) dovrebbe tentare di sciogliere anche gli ultimi nodi sulle riaperture post-Pasqua. Resta teso il braccio di ferro tra rigoristi e aperturisti, pronti a proporre soluzioni diverse per le eventuali riaperture. Ma a scardinare le tensioni potrebbe esser direttamente il numero di morti. Tant’è che, stando alle prime indiscrezioni, è ormai possibile affermare che l’ossatura del decreto resterà improntata alla prudenza. Il punto è capire in che modo gestire zone rosse, zone arancioni ed eventuali zone gialle dal 7 al 30 aprile. Ed è proprio su questo punto che sembra consumarsi la prima diatriba.
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Il braccio di ferro
In base a quanto riportato dalle fonti Adnkronos, sul tavolo ci sarebbe una novità: se i dati dovessero migliorare nel corso dei prossimi giorni, a partire da una certa data potrebbe essere possibile allentare le restrizioni. La norma non nomina apertamente le “aree gialle”, ma potrebbe consentire qualche allentamento delle misure anti-Covid già ad aprile. La proposta dovrà, però, confrontarsi con il fronte dei rigoristi (Pd, M5s e LeU), che non sembra affatto disposto ad avallare un allentamento di questo tipo: “Se la norma ci sarà è tutto da vedere anche se è un’informazione trapelata da Palazzo Chigi, ci sarà bisogno di passare dal Cdm per introdurla“, fa sapere un ministro ad Adnkronos. Dall’altro lato, però, Lega e Forza Italia chiedono un “automatismo” che garantirebbe, in maniera automatica appunto, di allentare le misure nelle zone in cui i dati sul contagio scenderanno sotto una certa soglia. L’idea è di proporre, in quei casi, una riapertura di ristoranti, cinema, teatri e sale concerto.
Ma l’ala rigorista tiene duro, e lo stesso ministro della Salute Roberto ribadisce l’importanza di tenere sotto controllo le varianti. Speranza al Cdm di oggi potrà contare anche sull’appoggio di Dario Franceschini e Stefano Patuanelli. Sull’altro fronte, i nomi degli sfidanti sono quelli di Giancarlo Giorgetti e Mariastella Gelmini, anche loro pronti a far valere le loro ragioni. Sembra ormai probabile che l’unico modo per uscire dallo stallo sia garantire una linea di prudenza da un lato, e un impegno generico a riaprire il prima possibile dall’altro. Draghi già nei giorni scorsi aveva avanzato l’ipotesi di un check a metà aprile, una rivalutazione che potrebbe tradursi – se non proprio in una zona gialla – almeno in qualche deroga in più.
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