Secondo il Ros, avrebbero inscenato il loro sequestro per assecondare la proposta di un italiano e due albanesi, da ieri in prigione per sequestro di persona a scopo terroristico
Due sequestri che lasciavano molti dubbi, quelli di Alessandro Sandrini e Sergio Zanotti. I due rapimenti avevano infatti delle modalità molto simili e per questo il pm Sergio Colaiocco ha avuto il sospetto che fossero architettati, dopo aver ascoltato i due uomini una volta liberati. Eppure i due sono stati prigionieri in Siria per 3 anni, dal 2016 al 2019.
Secondo il Ros, guidato dalla procura di Roma, avrebbero messo in scena il loro sequestro acconsentendo alla proposta di tre uomini, un italiano e due albanesi, Alberto Zanini, Fredi Frrokaj, Olsi Mitraj, da ieri in carcere per sequestro di persona a scopo terroristico. L’obiettivo era il denaro che le famiglie avrebbero in effetti avuto. Si sospetta che tale denaro, spartito tra i vari complici, possa essere stato pagato dallo Stato italiano, un riscatto per riportare a casa i due giovani.
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A quanto pare, però, i rapimenti avrebbero dovuto essere non due, ma tre. Gli investigatori stanno cercando di risalire alla terza persona che dopo aver preso accordi per il finto rapimento, non è mai andata in aeroporto. Sandrini, indagato di simulazione di reato e truffa e Zanotti, che attualmente non è indagato, erano della provincia di Brescia, e si trovavano ad Adana, in Turchia. I contatti in comune sono emersi dai loro tabulati.
Testimonianze agli atti
In questo contesto, si sono rivelate essenziale le testimonianze agli atti, a partire da quella del marocchino M.T., che in un verbale afferma:«Sandrini non era stato sequestrato ma si era volontariamente recato in Turchia dove si trovava ospite di una banda di criminali, verosimilmente di origine albanese, insieme ai quali aveva inscenato il proprio sequestro di persona al fine di lucrare e spartire il riscatto che sarebbe stato richiesto alle autorità italiane».
L’ex fidanzata di Sandrini, Marusca Bosio, fu ascoltata a Brescia nel 2018 e in quell’occasione disse:«Ho spesso pensato che questo sequestro non fosse vero e che abbia inscenato questa farsa per guadagnare dei soldi. Alessandro frequentava brutte compagnie tra le quali un gruppo di albanesi. Ricordo che mi parlò della proposta di un viaggio di lavoro in Turchia per fare delle foto… ricordo che quando l’ho accompagnato a Bergamo all’aeroporto si è incontrato con un uomo albanese».
Dopo l’interrogatorio la donna, intercettata, chiamava il nuovo fidanzato dicendo:«Guarda che non vengo più fuori. Stavolta sono sicura». A rafforzare l’ipotesi, un amico di Sandrini: «Contava di fare molti soldi con il falso sequestro. Prima di partire Sandrini mi aveva garantito che appena rientrato in Italia 100 mila euro sarebbero stati miei se gli avessi tenuto il gioco, con la sua famiglia, i giornali e le forze dell’ordine».
Ma il falso sequestro avrebbe avuto poi una svolta imprevista, ossia la cessione a gruppi jihadisti veri e legati ad Al Qaeda, dopo che giunsero in Turchia e furono portati in Siria. Dei due uomini non si seppe più nulla dal 2016 e furono rilasciati, a distanza di alcuni giorni l’uno dall’altro, nel 2019. L’accusa sostiene che i tre arrestati, Fredi Frrokaj, Olsi Mitraj e Alberto Zannini, «in concorso tra loro e con altri soggetti rimasti ignoti operanti in Italia, Turchia e Siria, questi ultimi aderenti e comunque riconducibili alla galassia jihadista» avrebbero proposto ai due italiani di recarsi in Turchia, «al fine di simulare un sequestro di persona», nel caso di Sandrini, ma una volta lì, «sono stati effettivamente privati della libertà personale» e portati contro la propria volontà in Siria dove venivano “ceduti” a membri del Turkestan Islamic Part, gruppo legato ad Al Qaeda. Oltre a Sandrini e Zanotti, i tre avrebbero avvicinato precedentemente un terzo imprenditore per proporgli il «finto sequestro».
Dieci persone indagate
Nell’ambito dell’inchiesta sono indagate dieci persone. Secondo il gip, la banda aveva «una notevole disponibilità di denaro, essendo state corrisposte somme, anche consistenti (10mila euro ai rapiti), sia alle future vittime che ai familiari: si tratta di un ulteriore elemento significativo di un’attività criminale svolta in maniera non occasionale, ben organizzata e, dunque, certamente più pericolosa».
Intanto Sandrini, intervistato da Il Giornale di Brescia, ha detto che «non è come è stato raccontato. Non ho preso nemmeno un euro. Non ho ricevuto denaro né per andare là e neppure dopo. Tutto quel periodo è stato un rapimento vero. Dall’inizio alla fine. Non c’è nulla di concordato».