Letta: “Sono tornato perché il partito ha rischiato di finire”. Ma le lotte interne al Pd sono destinate a durare

La dichiarazione di Enrico Letta ha sconvolto gli animi dei dem. I problemi e i malumori all’interno del Pd sembrano aumentare invece di diminuire. In piena crisi le correnti del Pd in preda allo scontro Madia-Serracchiani per la poltrona di capogruppo alla Camera.

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Le parole del segretario Letta all’incontro con il Pd a Firenze hanno lasciato i dem un po’ con l’amaro in bocca. “Abbiamo toccato il fondo un mese fa. Abbiamo avuto la percezione che questa storia poteva finire. Io sono tornato per questo, ho lasciato una vita soddisfacente per buttarmi in una roba perchè ho capito che stava per finire tutto“. Parole di sacrificio e da salvatore della patria, quelle di Enrico Letta che molti dei suoi colleghi di partito non hanno gradito. A quanto pare, più che salvare la storia del Pd sembra aver portato altri problemi all’interno delle acque già agitate del Partito democratico.

Ironizza anche sul suo rientro sulla scena politica “A proposito dei sette anni in cui sono stati fuori: mi sento come la mamma del film Goodbye Lenin. Molti mi trattano come lei, quella a cui tiravano fuori i cetriolini.” Il riferimento è chiaro al fatto che in sette anni la situazione del Pd è completamente diversa e cambiata rispetto a come l’aveva lasciato lui. Quasi un altro mondo che non riconosce, come Berlino est dopo la caduta del muro.

Guerre in casa dem, lo scontro tra Madia e Serracchiani scoraggia Letta

Le polemiche interne al Pd vengono alimentate da queste ultime dichiarazioni del segretario. La situazione è già precaria a causa degli ultimi scontri per la scelta del nuovo capogruppo alla Camera, su chi prenderà il posto di Delrio. Ma sullo scontro tra Madia e Serracchiani, Letta lascia che lo scontro si risolva tra i gruppi, perchè riguarda dinamiche interne all’autonomia dei gruppi. Il problema è che ne va della credibilità e dell’unione del Pd. Le continue guerre interne al Partito a causa della lotta tra i gruppi non giovano ad un programma unitario di un partito politico. Impossibile scegliere “serenamente affinchè non prevalga alcuna logica correntizia” come chiede la presidente Cuppi, perché ormai il Pd è lacerato dalle correnti.

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La Madia, che gode del sostegno di Letta, ha accusato la Delrio di aver proposto una sua erede in base alla corrente, ovvero quella riformista degli ex renziani. A conti fatti, la corrente riformista che appoggerebbe la Serracchiani sarebbe la maggioranza, così come accaduto al Senato. La neo capogruppo del Senato Malpezzi è in linea con l’ex capogruppo Marcucci, renziano quindi fastidioso per Letta. Prevalgono le correnti e prevalgono soprattutto le lotte intestine in casa dem.

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Questa guerra che di certo non fornisce un’immagine di coesione e ripresa del Pd non è ben gradita da Letta. Il segretario, ex fondatore di una corrente a sua volta, odia le correnti e quello che provocano al partito. Oggi Enrico Letta punta alla costruzione di una grande alleanza di centrosinistra, escluso Renzi ovviamente, per poter sconfiggere il centrodestra. La battaglia parte da Roma, terreno di scontro più faticoso che mai a causa della Raggi.

Ma la fine delle lotte interne che proclama Letta è ben lontana. Il Pd sta per sgretolarsi in mille pezzi che niente e nessuno riesce a tenere più insieme. Tra le varie correnti contrastanti che lottano tra di loro sembra che un programma politico unico, e in convivenza con altri partiti addirittura, sia un sogno utopico. Il sentimento di intervento e salvataggio di Enrico Letta potrebbe non bastare, e la storia del Pd è sicuramente molto diversa da quella che ricordava. Risalire da quel fondo sembra una missione impossibile, soprattutto quando sembra che la volontà di superare questi ostacoli non ci sia, da nessuna delle parti in questione.

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