L’ex-ministro Boccia, da sempre aperto alle altre formazioni politiche, rilancia: “Pd, alleanze con sinistra e 5 Stelle”. L’idea è quella di un “campo largo”, ma la stagione dell’Ulivo è finita da quasi quindici anni
Tornare all’Ulivo in una versione moderna. Sembra essere questa la nuova linea del Pd, espressa oggi dall’ex-ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia, una coalizione con dentro M5S, LeU e altre forze minori di sinistra e centro. “Enrico Letta lo ha detto, si è messo in moto un meccanismo di costruzione che oggi è sotto gli occhi di tutti” ha dichiarato l’esponente dem. “E’ il lavoro che aveva iniziato Zingaretti, costruendo un campo largo sulla base dei nostri valori. Il segretario dà la rotta e la rotta è quella di un campo largo con il M5S. Penso sia naturale, dove si può, allargare il campo unendo il Pd e il centrosinistra e, dove sarà possibile, l’alleanza con il M5S la faremo“. Come ha detto Letta nel suo incontro con Conte la scorsa settimana “Sarebbe assurdo non provarci, Giuseppe“.
Ma se è di Ulivo 2.0 che si parla, quella stagione si è chiusa da un pezzo. L’Ulivo, con le sue alterne fortune, era un progetto politico nuovo e innovativo per l’epoca: fine del proporzionale e apertura al maggioritario; collaborazione di due tradizioni politiche che si erano combattute per decenni; unità di tutte le forze di sinistra, da quelle democristiane a Rifondazione. Oggi si torna come allora a parlare di ampiezza politica, un’idea che aveva senso forse qualche anno fa, quando il sistema maggioritario funzionava (in qualche modo). Ma oggi pare chiaro che si andrà sempre più verso un proporzionale (graditissimo al M5S e ai partiti più piccoli), dove le alleanze vengono davvero definite a fine votazioni. Così è accaduto in questi ultimi anni e difficile si cambi.
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Certo le intese andranno bene per le amministrative e nei prossimi mesi ce ne sono di importanti: dalle comunali di Roma e Torino alle regionali di Calabria e Sicilia. Inoltre i pentastellati hanno bisogno di sostegno, così dilaniati da lotte intestine per la riconferma (vedi la bagarre sulla regola dei due mandati), leadership contese, continui cambi di opinione e di alleanze e soprattutto da un drammatico calo di consensi che è probabile li porterà ben al di sotto del 32% di tre anni fa. Ma quando ci si può fidare di un movimento che dichiara “Non mi alleerò mai col partito di Bibbiano” un mese prima di farci un governo? Quando è affidabile un partito che ha fatto dell’antipolitica la sua unica bandiera, salvo poi rivelarsi così attaccato alle poltrone di governo da ribaltare totalmente ogni posizione e rimangiarsi ogni parola detta? Quanto sono credibili dei parlamentari che abbracciano ogni leader gli venga proposto, purché gli garantisca un posto da sottosegretario o in Parlamento? Da parte loro invece i dem sono il partito più instabile che esista. L’ultimo cambio di segreteria ha lievemente galvanizzato gli iscritti, ma la contesa sui nomi dei nuovi capigruppo dimostra che il fuoco cova ben caldo sotto la cenere.
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“Decideranno i territori, ma credo sia naturale che dove possibile faremo l’alleanza con i Cinque Stelle” continua ancora Boccia. Ma la base ha già detto la sua, ma non è stata ascoltata: dem e pentastellati si detestano. I toni offensivi degli scorsi anni sono impressi nella memoria degli elettori Pd e i sostenitori grillini che ancora credono al progetto mal sopportano le ipocrisie dei nuovi alleati. Questa alleanza è stata sancita dai dirigenti dei due partiti e come ogni progetto politico imposto dai piani alti, è destinato a naufragare.
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