Aumentano i casi in cui si applica il politicamente corretto in diversi ambiti, provocando censure, manipolazioni e falsità. Ecco alcuni esempi.
Ultimamente si sono moltiplicati i casi che denotano un’ossessione per il politicamente corretto o politically correct/correctness, in inglese, formula che nasce negli Stati Uniti all’incirca negli anni Ottanta e si afferma poi a partire dagli anni Novanta e che, nella sua prima accezione, dovrebbe rappresentare una linea di opinione e atteggiamento sociale di particolare attenzione e rifiuto di offesa verso determinate categorie di persone.
Ispirata quindi a un ideale di correttezza politica, di equità, di rifiuto di pregiudizi razziali, religiosi, di genere, ecc… progressivamente questa espressione ha preso una strada che porta a derive ideologiche che ambiscono a imporre alla società cosa dire e cosa non dire, senza lasciare spazio al confronto e al dibattito. Chi non vi si adegua, viene accusato dei peggiori epiteti, come essere razzista, intollerante e molto altro. Di questo atteggiamento e dei suoi estremi ha parlato lo studioso, saggista e pedagogista Franco Nembrini citando il curioso esempio dell’orso polare.
Alcuni anni fa il professor Nembrini aveva gemellato la sua scuola con un liceo russo che, come gesto di amicizia, gli aveva regalato un orso polare bianco imbalsamato, alto quasi tre metri, che lui aveva stabilito di mostrare ai bambini delle elementari. Poco prima di presentarlo ai piccoli una collega lo esortò a modificare un po’ la storia dell’orso, perché, se avesse detto la verità, cioè che l’orso era stato ucciso da un cacciatore, i bambini sarebbero rimasti sconvolti e le mamme l’avrebbero subito denunciato al Wwf. Così, Nembrini, ha raccontato una bugia, spiegando che l’orso era morto a causa della polmonite perché in Siberia fa molto freddo.
Il giorno seguente però, quando è stato chiesto quale impressione avessero avuto, i bambini hanno risposto che l’orso era stato ucciso da un cacciatore. Da questo il professor Nembrini ha dedotto che, per fortuna, almeno il cervello dei piccoli funziona ancora, a differenza di quello degli adulti. “Se la cultura rinnega se stessa, le radici, le tradizioni, allora non è più cultura. Tutto e il contrario di tutto diventa sciaguratamente possibile” ha dichiarato in un’intervista su Il Giornale. Secondo lui con questa sorta di dittatura del politicamente corretto il principio di realtà finisce sotto assedio e anche le più semplici ed immediate evidenze vengono messe in discussione.
Di esempi riguardanti questo tipo di fanatismo ce ne sono moltissimi e toccano diversi ambiti come il mondo dello spettacolo, della cultura, dell’intrattenimento, fino ad arrivare all’abbattimento delle statue di Cristoforo Colombo perché considerato un colonialista e un genocida e alla chiusura del canale YouTube di un grandissimo giocatore di scacchi, Antonio Radic, perché espressioni come “il bianco mangia il nero”, riferendosi al gioco, sono state ritenute discriminatorie dalla piattaforma. E ancora, in America, l’Università del Massachusetts ha deciso di vietare l’Odissea perché non abbastanza inclusiva.
Nel mondo dello spettacolo il caso più eclatante, forse, è stato quello di Via col vento, kolossal del 1939, vincitore di 8 premi Oscar, sospeso momentaneamente dalla piattaforma HBO perché bollato come razzista e oltraggioso verso la cultura afroamericana. Il film è poi riapparso con un disclaimer e un video con una discussione sul contesto storico in cui è ambientata questa pellicola. Su questa scia, persino la Disney, icona del politicamente corretto, si è affrettata a rimuovere dalla sezione dedicata ai più piccoli della propria piattaforma streaming i cartoni animati: Dumbo, Peter Pan e gli Aristogatti e a renderli disponibili solo per i bimbi sopra i 7 anni con una scritta che specifica la presenza di rappresentazioni negative e denigrazione di popolazioni e culture.
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Di qualche anno fa, invece, è il caso del personaggio dei Simpson, noto show satirico, Apu, eliminato perché accusato di veicolare stereopiti negativi nei confronti delle persone di origine indiana. A questo proposito il creatore della serie Matt Groening, aveva commentato: “siamo in un momento, nella nostra cultura, in cui le persone amano fingere di essere offese”. Infine, circa un anno fa, oltre 150 artisti e intellettuali tra cui la scrittrice J.K. Rowling, la romanziera Margaret Atwood, lo scrittore Salman Rushdie, il saggista Ian Buruma e il linguista teorico della comunicazione Noam Chomsky, hanno sottoscritto una lettera contro i promulgatori del politically correct.
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Nella lettera veniva denunciato il clima di intolleranza per chi ha opinione opposte e di censura tramite la gogna pubblica. “Le cattive idee si sconfiggono attraverso la loro esposizione, l’argomentazione e la persuasione, non cercando di zittire o allontanarle. Rifiutiamo qualsiasi falsa scelta tra giustizia e libertà. L’una senza l’altra non possono esistere“ si legge nella lettera pubblicata su Harper’s Magazine. L’impressione è che, continuando così, finiremo solo con il diventare più ipocriti e non più educati e corretti. A ogni modo bisognerebbe valutare caso per caso, ma con buon senso e senza dannosi eccessi.
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