Mario Draghi, intervenendo al Senato in vista del Consiglio Ue di oggi e domani, ha parlato di riaperture, puntando sulla necessità di ripartire proprio dalle scuole.
Le scuole non chiudono mai, tranne se c’è una pandemia in corso. Gli Istituti scolastici, fin dallo scoppio dell’emergenza pandemica, hanno chiuso le porte agli alunni traslati dietro lo schermo di un pc. Una necessità, certamente. Eppure, l’Italia è stato un unicum rispetto ad altri Paesi. La scelta sulle chiusure e sulle riaperture è stata posta in mano ai Governatori che, non di rado, sono andati contro alla linea di Palazzo Chigi. Così ha fatto pure qualche Sindaco e il risultato, alla fine della fiera, è stata una situazione di caos e di confusione.
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Ma ora basta. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, intervenendo al Senato in vista del Consiglio Ue di oggi e domani, ha parlato delle riaperture facendo presente – tra un attacco e un altro – la necessità di ripartire proprio dalle scuole. “Mentre stiamo vaccinando è bene iniziare a pianificare le aperture”, ha detto il Presidente del Consiglio. Primo obiettivo, proprio l’Istruzione. “Se la situazione epidemiologica lo permette cominceremo a riaprire la scuola in primis, con le primarie e l’infanzia anche nelle zone rosse, allo scadere delle attuali restrizioni, speriamo subito dopo Pasqua”. Infatti, il 6 aprile scadrà il Decreto attualmente in vigore e il governo starebbe già studiando un piano di riaperture.
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Un anno di Dad
Dallo scoppio della pandemia la scuola è sempre rimasta indietro tra le priorità del governo, nonostante gli sforzi iniziali di Lucia Azzolina che aveva provato a riportare gli studenti in presenza. Contro di lei, l’avanzare della pandemia e le misure restrittive che, di volta in volta, hanno bloccato il ritorno tra i banchi degli studenti. Ha pesato anche l’assenza di una strategia univoca ed efficace proprio sulla scuola, che ha creato panico e confusione tra gli studenti costretti ogni volta ad entrare e poi ad abbandonare le aule. Gli studenti italiani hanno vissuto l’ultimo anno tra link, lezioni online, modalità online e a distanza che, se hanno per certi versi salvato il salvabile, per altri hanno cambiato totalmente la routine e la vita degli studenti.
La Dad si è rivelata di fatto l’unica modalità possibile per proseguire le attività didattiche senza interromperle del tutto; ma è stato dato meno di quanto è stato tolto. Scuola significa socialità, confronto, apprendimento, stimolo, dinamicità. Una serie di fattori che, dietro lo schermo di un pc, sono pian piano svaniti e la lezione in aula, momento di incontro tra studente e alunno, si è di fatto denaturata trasformandosi in un momento passivo, statico, fermo. Il malcontento degli studenti ha preso piede in numerose proteste che si sono susseguite in questi mesi in tutta Italia, così come è stato forte il malcontento dei professori, chiamati ad un ruolo ben diverso da quello originario.
Ed avanza anche il malcontento degli studenti universitari, dei fuori sede, quelli che sembrano essere stati dimenticati dal sistema, quelli che sembrano non esistere agli occhi di chi, stabilendo cosa sia giusto e fare cosa no, prendendo in mano le redini di una situazione complicata e difficile da gestire, ha deciso di guardare a problemi apparentemente più gravi, trascurando quelli minori. E se è vero che il crollo del sistema sanitario era in primis una situazione da arginare, e se è anche vero che il collasso del sistema economico lo era ugualmente, è anche altrettanto vero che il sistema scolastico nel suo insieme abbia pagato il prezzo di scelte sbagliate. E aveva ragione Lucia Azzolina: “Senza scuola, non c’è crescita”.