Circa 29 milioni di dosi AstraZeneca infialate in uno stabilimento di Anagni, nel Lazio, stanno facendo salire la tensione tra Ue e Regno Unito, in attesa che si chiariscano i contorni della situazione. Su sollecitazione della Commissione Europea, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha inviato i Nas per cercare di sciogliere il giallo Anagni: l’Ue ha sospettato che lo stabilimento stesse preparando esportazioni extra-Ue per la società farmaceutica anglo-svedese. Ma AstraZeneca smentisce. Ecco cosa è accaduto.
Sullo sfondo dell’intera vicenda c’è una tensione latente ma sempre più palpabile sulla questione vaccini: l’Ue già da qualche tempo si ritrova in imbarazzo e innervosita per i grandi ritardi di AstraZeneca nella consegna delle dosi. AstraZeneca nel primo trimestre avrebbe dovuto consegnare 120 milioni di dosi, poi tagliate a 30, e “non è nemmeno vicina a questa cifra“, fanno sapere dall’Ue. A formalizzare il sospetto è la Francia: AstraZeneca ha mantenuto “quasi integralmente” i suoi impegni “con la Gran Bretagna ma non con l’Unione europea” in materia di consegna dei vaccini. All’interno di questa cornice, a far salire ulteriormente la tensione sul vaccino AstraZeneca è stato il giallo sullo stabilimento di Anagni: sabato scorso la presidente Ursula von der Leyen ha chiesto a Mario Draghi di effettuare una verifica segnalata dal Commissario dell’Ue Breton.
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Stando a quanto riportato dall’Ansa, la Commissione si sarebbe insospettita per un motivo: alcuni lotti non tornavano nei conti dell’Ue, e quei lotti si trovavano nello stabilimento della Catalent di Anagni, nel Lazio, attivo nell’infialamento delle dosi. Catalent è un’azienda americana del New Jersey che si occupa dei processi produttivi per conto di terzi, in questo caso di AstraZeneca. Dentro lo stabilimento, 29 milioni di dosi AstraZeneca. Immediata, a quel punto, la reazione di Mario Draghi e Roberto Speranza: tra il 20 e il 21 marzo i Nas si sarebbero recati presso lo stabilimento ad Anagni. La task force della Commissione europea ha ribadito “l’importanza della piena trasparenza sul numero di dosi che vengono prodotte nei siti europei di AstraZeneca”, e ha chiesto conferme “sull’esatta provenienza dei lotti individuati ad Anagni“. Gran parte di quelle dosi sarebbero state prodotte nella fabbrica dell’Halix, un azienda situata nei Paesi Bassi, che ha già iniziato a produrre il principio attivo del vaccino senza attendere l’autorizzazione ufficiale dell’Ema.
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Sulla questione restano dichiarazioni ufficiali dei vari enti, dall’Ue all’azienda AstraZeneca. La prima versione circolata in Italia è stata fornita dalla Stampa che avrebbe parlato di dosi destinate al Regno Unito. La prima versione è stata però in parte smentita dalla Presidenza del Consiglio italiano, che in una nota ha ribadito, parlando genericamente di lotti senza specificarne il numero: “Dall’ispezione è risultato che i lotti erano destinati in Belgio“. A riportare la versione di AstraZeneca è anche il New York Times: l’azienda sostiene che su un totale di 29 milioni di dosi, 16 milioni fossero destinate all’Ue, mentre 13 milioni fossero destinate all’iniziativa Covax, come da contratto.
A confermare la futura destinazione dei vaccini ora è anche Breton, il Commissario europeo e responsabile della strategia sui vaccini dell’Ue, lo stesso che aveva segnalato il caso sospetto a Ursula von der Leyen. Ora Breton ribadisce: “A parte le dosi destinate a COVAX, ai paesi poveri, il resto sarà distribuito esclusivamente tra i paesi dell’Unione Europea”. A ridimensionare il giallo è anche il Financial Times, secondo cui la semplice presenza di una grossa quantità di dosi all’interno di uno stabilimento non è così inusuale: fa parte del ciclo produttivo, le aziende attive nell’infialamento gestiscono il processo per completare la produzione del vaccino, poi distribuito dall’azienda produttrice. Sulla questione, però, proseguono i controlli: se i vaccini di Anagni risultassero davvero diretti verso il Regno Unito, saranno bloccati, in conformità con le nuove regole dell’Ue per il controllo dei vaccini. La stessa cosa non accadrebbe per le dosi dell’iniziativa Covax, sulla quale non si applicano le stesse regole sul blocco delle esportazioni.
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Le 29 milioni di dosi, in realtà, non sono pronte. E questo fa parte del regolare processo produttivo del vaccino, riportato dal Corriere: le fiale di Anagni, abitualmente, partono verso i magazzini utilizzati da AstraZeneca vicino Anversa, in Belgio. Segue poi un secondo controllo sulle dosi da parte delle autorità belghe. Se le dosi passano il secondo controllo, sono pronte a partire verso le destinazioni previste. Ma – di regola – passa un mese dal momento dell’infialamento alla vera destinazione delle dosi. Verrebbe da pensare che è proprio tra le pieghe di questo processo che è sorto il dubbio dell’Ue: il fatto che le fiale fossero dirette in Belgio non ci dice nulla di nuovo sulla reale destinazione delle dosi. Su questo arrivano le rassicurazioni delle diverse autorità: le dosi erano già destinate all’Europa. Ma la tensione non si allenta del tutto, tanto che Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione, in conferenza stampa ha ribadito sul caso Anagni: “Spetta alla casa farmaceutica chiarire dove andranno le dosi, noi non possiamo fare a meno di notare che è molto lontana dal rispettare gli impegni previsti dal contratto“.
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