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Politica

Tutti contro Scanzi: Boschi attacca, forse il giornalista ha ragione. Ma il problema è un altro

Il noto giornalista è finito nell’occhio del ciclone mediatico per essersi vaccinato non essendo tra le categorie che in questi giorni hanno accesso alla campagna vaccinale. A detto di Scanzi, se non si fosse fatto iniettare la dose, molto probabilmente l’incriminato vaccino sarebbe stato gettato: nonostante gli attacchi, sembra che sia andata proprio così. Ma il problema è un altro: quanti in Italia conoscevano le “liste di riserva”?

Molto rumore per nulla: potrebbe essere titolata così la vicenda che vede, suo malgrado, protagonista il giornalista Andrea Scanzi. Colpevole, secondo parte dell’opinione pubblica e della politica, di aver “rubato” un vaccino a chi ne aveva più bisogno di lui. La storia, ormai nota, si svolge così: Scanzi si era iscritto ad una lista “di riserva” per ricevere vaccini in sovrappiù, e venerdì scorso si è fatto inoculare una dose di AstraZeneca che altrimenti sarebbe stata buttata. Ottenendo, tra l’altro, di far conoscere attraverso i suoi social molto frequentati questa possibilità di inserirsi nella lista “di riserva”: nella sua Asl è boom di iscritti, ad esempio.

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Per parte dell’opinione pubblica, della stampa e della politica però la storia è da leggere diversamente: Scanzi è una sorta di “scroccone” che avrebbe letteralmente sottratto il vaccino ad uno più bisognoso di lui. Quello stesso Scanzi che, nei primissimi giorni della pandemia, lo scorso anno, pubblicò un video in cui minimizzava la portata della pandemia ed ironizzava su chi stava iniziando ad aver paura. Era il 25 febbraio: il giornalista toscano, purtroppo per lui e per noi tutti, avrebbe avuto ben presto motivi di rimangiarsi le sue parole e la sua ironia. Un errore comunicativo che poi ha ammesso, comunque.

Adesso la nuova polemica, che è stata rinvigorita questa mattina da un post di Maria Elena Boschi, che è notoriamente una delle figure politiche meno apprezzate da Scanzi:«Ma ciò che io trovo vergognoso è che Andrea Scanzi, già sostenitore della tesi “il corona virus è solo un raffreddore”, si sia vaccinato in Toscana, non solo saltando la fila ma mettendo insieme una squallida lista di bugie. Ha detto che doveva fare il caregiver dei suoi genitori e vorrei capire quando, visto che è sempre in giro. Peraltro i suoi genitori fortunatamente stanno bene. Ha detto che si è iscritto a una lista “di riserva” e si è scoperto che la lista semplicemente non esisteva. Ha detto di aver rispettato le regole quando invece le ha violate in modo squallido, mentendo a tutti. Si dice: ma le regole in Toscana sono così. No, le regole non sono così. Scanzi non poteva vaccinarsi» ha scritto, tra le altre cose, l’ex ministra ed attuale parlamentare di Italia Viva.

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Ma le cose stanno esattamente come dice la Boschi o ha ragione Scanzi? Sembrerebbe che la versione corretta della storia sia quella raccontata dal giornalista: a confermarlo il sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri: «È doveroso che le Asl abbiano liste di riserva per non dover buttare dosi di vaccino in avanzo. Venerdì scorso, giorno in cui erano attese molte disdette, una di queste dosi è toccata ad Andrea Scanzi. Ne sono nate polemiche inutili: Scanzi ha dato il buon esempio» ha infatti dichiarato in un post su Twitter, chiudendo definitivamente la polemica. Anche se in realtà il post della Boschi arriva un giorno dopo le dichiarazioni di Sileri, e quindi la polemica è ancora apertissima: ma ora siamo dentro uno scenario diverso, quello dello scontro politico. Una storia diversa, insomma. Quel che ci colpisce invece è la poca pubblicità che è stata data alla possibilità di iscriversi a queste liste “di riserva”: in un momento in cui la campagna vaccinale stenta a decollare sarebbe importantissimo mettere a disposizione tutti gli strumenti che esistono per arrivare ai vaccini. Ed invece molti italiani hanno scoperto questa possibilità solo grazie alla polemica sul vaccino di Scanzi. Di tutta la vicenda, è quest’ultimo l’aspetto che onestamente inquieta di più: la grave mancanza di comunicazione da parte delle istituzioni sanitarie.

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