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Politica

Perché l’Ema e l’Europa hanno resistenze sul vaccino russo Sputnik

L’autorizzazione dell’Ema sul vaccino russo Sputnik potrebbe arrivare dopo giugno. Al momento, i governi non spingono per firmare un accordo di acquisto congiunto con i russi e dall’Agenzia del Farmaco permangono ancora resistenze sul farmaco russo. Eppure, lo Sputnik potrebbe rivelarsi fondamentale per avanzare con le campagne vaccinali specie in quei Paesi, come l’Italia, che proseguono a rilento. 

Il vaccino come un satellite. Anzi, “il satellite”, dal momento che lo Sputnik si ritrova sui libri di storia ancor prima delle narrazioni sul 2020. Era il 1957, in piena Guerra Fredda, quando il lancio dello Sputnik dal  cosmodromo sovietico di Baikonur mise a segno la prima vittoria dell’Urss sugli Stati Uniti. Un nome, hanno spiegato i russi, che è stato scelto con l’auspicio che, esattamente come accaduto nel lontano 1957 quando il satellite sovietico accelerò l’interesse mondiale per la ricerca spaziale, anche il vaccino russo possa seguire la stessa strada.

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All’entusiasmo di Kirill Dmitriev –  a capo del Fondo russo per gli investimenti diretti (Rdif), che sta finanziando la ricerca – hanno fatto seguito i timori della comunità scientifica e delle autorità sanitarie internazionali che, quando la Russia mesi fa annunciava la nuova arma contro il Coronavirus, invitavano alla cautela mostrandosi preoccupate dalla velocità di Mosca, a discapito di sicurezza ed efficacia. Una corsa a chi fa prima, insomma, che ha causato un clima di disinformazione e di confusione. “Nel mondo sono in corso attacchi mediatici coordinati e preparati con cura contro il vaccino della Russia”, denunciava Dmitriev settimane fa. E tra Russia e altri Stati – come Regno Unito, Stati Uniti e Canada – sono aumentate le tensioni. Questi ultimi hanno accusato Mosca di aver tentato, con operazioni di hackeraggio, di rubare informazioni sullo sviluppo del vaccino per il Covid-19.

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Sta di fatto, che il vaccino sembra funzionare e che dietro le resistenze potrebbero nascondersi questioni di carattere geopolitico. Su Sputnik, l’Europa è ferma e al momento i governi non spingono per firmare un accordo di acquisto congiunto con i russi. Tutto ruota attorno al via libera scientifico da parte dell’Ema ma che tarda ad arrivare. Perché?

Le resistenze su Sputnik

Il vaccino russo è stato circondato da controversie fin da quando, la scorsa estate, Vladimir Putin ne ha annunciato la registrazione prima di ogni altro vaccino, gridando vittoria sugli altri Paesi. Insomma: la corsa a far prima, l’annuncio patriottico, la rivendicazione dell’arma russa sono tutti fattori che hanno inquadrato il vaccino, più che come uno strumento efficace contro il Coronavirus, come uno strumento di propaganda del Cremlino. Ma, politica a parte, la crisi sanitaria avanza e molti Paesi,  l’Italia in primis, fanno fatica a proseguire con la campagna vaccinale. Un vaccino in più, in questo senso, potrebbe dare vantaggio sui tempi specie se funziona. Ed evidenze che dimostrano una poca efficacia dell’arma russa, al momento, non sono state dimostrate.

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E’ così accaduto che alcuni Paesi hanno scelto di agire senza aspettare il parere dell’Agenzia europea del farmaco, come l’Ungheria. Altri, hanno iniziato a guardare alla possibilità di stringere accordi produttivi con i russi una volta ottenuta l’autorizzazione dell’Ema. Ma c’è bisogno di fare chiarezza e per questo, il 23 marzo, un convegno online metterà i protagonisti della ricerca e della promozione di Sputnik a confronto con esperti italiani che proveranno a sciogliere i dubbi sul vaccino russo. Ci saranno Massimo Galli, primario infettivologo e professore ordinario di Malattie infettive all’Università di Milano; Francesco Vaia, direttore dell’Istituto Spallanzani; Francesco Rocca, presidente della Croce Rossa Italiana; Marcello Cattani, presidente del Gruppo Prevenzione Farmindustria; Pierluigi Petrone, presidente di Assoram; Alessio d’Amato, assessore sanità della Regione Lazio.

Il ruolo dello Spallanzani

Proprio d’Amato ha annunciato che presto ci sarà la firma dell’accordo di collaborazione scientifica tra l’Istituto Spallanzani di Roma e l’Istituto Gamaleya di Mosca, per valutare la copertura delle varianti di Sars-CoV-2 anche del vaccino Sputnik V. Insomma, l’Italia si muove perché, proprio per il nostro Paese, il vaccino russo potrebbe essere un’arma vitale e un suo utilizzo in Europa potrebbe rivelarsi fondamentale. Intanto, l’Ema ha iniziato “la revisione a cicli che avviene solo per i vaccini anti-Covid promettenti”, ha dichiarato Marco Cavaleri, responsabile della strategia vaccini dell’Agenzia europea del farmaco, annunciando che “ad aprile faremo delle ispezioni in Russia, sia per le produzioni sia per lo studio clinico”. Fonti russe però chiariscono che il via libera potrebbe arrivare solo dopo Giugno: ma non sarà troppo tardi?

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