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Estero

AstraZeneca, perché le dosi arrivano in Gran Bretagna ma non in Europa

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, è tornata a minacciare il blocco delle esportazioni del vaccino contro il Covid-19 di AstraZeneca se la compagnia non rispetterà le consegne previste per l’Unione Europea. La consegna delle dosi slitta in Europa, ma non in Gran Bretagna. E i vecchi malumori sulla Brexit tornano a galla.

Il via libera dell’Ema ad AstraZeneca non è servito a fermare le polemiche. Polemiche che, adesso, riguardano anche e soprattutto i tempi di consegna delle dosi. Polemiche che prendono di mira la Gran Bretagna, accusata di aver portato avanti la campagna vaccinale con maggiore velocità della Ue, grazie al blocco delle esportazioni delle dosi prodotte sul proprio territorio. Polemiche che vedono ora l’Unione Europea e Ursula von der Leyen minacciare il blocco delle esportazioni. Ma facciamo un passo indietro.

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Fin dall’inizio dell’emergenza pandemica è stato chiaro che il vaccino sarebbe stata l’unica arma davvero efficace per uscire fuori dall’incubo. Ma è stato anche chiaro, fin da subito, che dietro i vaccini circolano interessi, potere, soldi e che le disuguaglianze sarebbero state all’ordine del giorno. A partire, ad esempio, da chi ne acquista di più o meno; da chi le riceve prima o dopo; da chi, insomma, batte gli altri sul tempo o sul costo. Le case farmaceutiche hanno iniziato la corsa alle produzioni, mentre i Paesi la corsa all’ottenimento delle dosi. Oggi, c’è chi sta avanti e chi resta indietro; chi avanza e chi arranca; chi può tirare un respiro e chi è invece col fiato sul collo.

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Il caso AstraZeneca

Dietro ai vaccini, insomma, si nascondono – neanche troppo celatamente – interessi economici e politici. Prendiamo, ad esempio, il caso del vaccino AstraZeneca. Bollato fin da subito come poco efficace e da somministrare solo alle persone entro una certa fascia d’età, i sospetti casi di trombosi e i decessi hanno aumentato ancor di più le distanze dei cittadini dal vaccino. La casa farmaceutica anglo-svedese, però, ha rifornito la popolazione inglese quasi nel complesso e la Gran Bretagna , insieme ad Israele , ha condotto una campagna vaccinale che ha dato i suoi frutti.

Fin qui, nulla di strano. Ma veniamo all’Italia. In attesa del siero di Johnson &Johnson che permetterebbe di raggiungere l’obiettivo di 500mila vaccinazioni al giorno contenuto nel nuovo piano vaccinale, si tenta risalita con l’arrivo di oltre 333mila dosi di Moderna e i nuovi stock di Pfizer previsti. Mercoledì prossimo, arriveranno altre 279mila dosi da AstraZeneca. Numeri ancora troppo bassi: mancherebbero almeno 4 milioni di dosi.

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I ritardi di AstraZeneca

A puntare il dito contro la casa farmaceutica è stata anche Ursula Von der Leyen, che ha denunciato il fatto che il gruppo anglo-svedese ha consegnato solo il 30% delle 90 milioni di dosi concordate per il primo trimestre. Ritardi che, secondo AstraZeneca, sarebbero dovuti a intoppi produttivi nei suoi stabilimenti in territorio europeo ed al blocco delle esportazioni da altri Paesi, come Stati Uniti ed India, dove l’azienda ha stabilimenti produttivi che dovrebbero rifornire anche l’Europa. Ma, se in Ue le dosi non arrivano, in Gran Bretagna sono arrivate nei tempi previsti, provocando l’ira di Bruxelles e resuscitando, probabilmente, i vecchi malumori per la Brexit.

E’ per questo che la Von der Leyen ha minacciato di invocare poteri d’emergenza per bloccare le esportazioni di vaccini per il Coronavirus dall’Unione Europea per assicurare reciprocità con altri esportatori. I ritardi nella campagna vaccinale riguardano non solo l’Italia, ma anche gli altri Paesi europei. E il problema italiano, alla fine, si è rivelato un problema comune. “Abbiamo l’opzione di bloccare le esportazioni pianificate, questo è il messaggio per AstraZeneca: rispettate il vostro contratto con l’Europa prima di iniziare le spedizioni verso altri Paesi“, ha dichiarato la Presidente UE alla testata tedesca Funke.

“Tutte le opzioni sono sul tavolo”

La Gran Bretagna è insomma accusata di aver potuto portare avanti la campagna vaccinale con maggiore velocità della Ue proprio grazie a un blocco di fatto delle esportazioni delle dosi prodotte sul proprio territorio. Un’accusa respinta da Boris Johnson, mentre il ministro degli Esteri di Londra, Dominic Raab, ha chiesto “spiegazioni” alla presidente della Commissione Europea. Quest’ultima ha ribadito che “tutte le opzioni sono sul tavolo“. Lo stato della campagna vaccinale sarà in cima all’agenda del prossimo Consiglio Europeo, che si svolgerà il 25 e il 26 marzo.

L’Unione Europea sembra essersi mossa in maniera più decisa, forse spinta dalle pressioni. Così, ha messo a punto uno speciale meccanismo di supervisione che impone ai fornitori di vaccini di dichiarare se intendono esportare dosi fuori dall’Unione Europea. Il blocco delle esportazioni può essere avviato su richiesta di uno Stato membro e deve essere poi approvato dalla Commissione Europea per poter esser attivato. Scettici verso la posizione della von der Leyen Olanda e Belgio, che ospitano sedi produttive del vaccino di AstraZeneca.

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