Durante il processo per la morte di Serena Mollicone, scomparsa il 1 giugno 2001 ad Arce, emerge un altro depistaggio per coprire i responsabili del suo omicidio.
A 20 anni di distanza non è ancora stato risolto il giallo circa il delitto di Arce, l’omicidio della studentessa Serena Mollicone, scomparsa il 1 giugno 2001 in circostanze misteriosel. Il cadavere della ragazza all’ultimo anno del liceo sociopedagogico era stato rinvenuto il 3 giugno successivo in un bosco. Da allora le indagini sono state continuamente intralciate e depistate.
Nel 2008 il brigadiere Santino Tuzi, coinvolto nella vicenda, si tolse la vita, dopo aver parlato agli inquirenti della presenza della ragazza presso la caserma dei carabinieri il giorno della scomparsa. Le sue dichiarazioni furono ammesse come prova dell’accusa. Nel tempo i sospetti si sono concentrati sulla famiglia Mottola: su Marco, amico di Serena Mollicone, sul padre maresciallo dei carabinieri Franco Mottola e sulla madre del ragazzo: Anna Maria. Tutti loro sono accusati di concorso in omicidio, mentre l’ex luogotenente Vincenzo Quatrale è stato accusato di concorso morale in omicidio e istigazione al suicidio del brigadiere Santino Tuzi. L’appuntato Francesco Quatrale, invece, è chiamato a rispondere di favoreggiamento. Nel mirino della giustizia, quindi, vi è l’arma dei Carabinieri e ieri, finalmente, dopo 20 anni dalla scomparsa della giovane, si è aperto il tanto atteso processo in cui i l’Arma dei carabinieri si è costituita parte civile.
La scelta della data sembra quasi un omaggio al padre di Serena Mollicone, Guglielmo, morto nel giugno dell’anno scorso, a 71 anni, senza conoscere la vera identità degli assassini di sua figlia, trovata legata e imbavagliata in un boschetto a Fonte Cupa, oggi chiamata Fonte Serena. Il processo è iniziato presso il Tribunale di Cassino, blindato per l’emergenza Covid e sono previsti 206 testimoni, comprese le persone che parteciparono alle indagini che, a più riprese, furono messe volutamente fuori strada. A essere vittima di queste macchinazioni fu il carrozziere di Rocca d’Arce Carmine Belli, arrestato dopo che un biglietto con un appuntamento dal dentista fissato per il 1 giugno 2021 e appartenente a Serena Mollicone fu ritrovato nella sua officina.
Un carabiniere che all’epoca, arrestò il carrozziere, ha dichiarato che scaricare i sospetti su Carmine Belli era facile. Secondo il gip il Maresciallo Mottola, grazie al grado di cui era investito, ha potuto subito sviare le indagini secondo la sua volontà, grazie anche a circostanze favorevoli e un clima omertoso. Il giudice ha commentato che le manovre del maresciallo Mottola sono state aiutate dal fatto che il maresciallo Quatrale e il brigadiere Tuzi, sapendo che la vittima era stata in caserma nel giorno della scomparsa, non hanno subito rivelato la verità. A questo il gip ha aggiunto che i tentativi di occultare la verità sono iniziati subito.
Un cittadino infatti contattò telefonicamente il maresciallo Mottola per informarlo di aver visto Serena Mollicone vicino al bar Chioppettelle di Fontanaliri dove vi era anche Carmine Belli che riferì di aver visto la ragazza litigare con un coetaneo. Un’altra testimone, invece dichiarò di aver visto Serena Mollicone su una Y10 bianca guidata da un giovane poi identificato come Marco Mottola, il figlio del maresciallo Mottola. Per allontanare i gravi sospetti sul figlio venne incastrato Carmine Belli che poi fu processato e la cui odissea giudiziaria terminò solo 5 anni dopo con l’assoluzione. Il processo ora punta a scoprire gli autori dei vari depistaggi e chi aiutò l’assassino a far sparire il corpo della vittima nel bosco di Anitrella. L’ipotesi per il movente dell’omicidio è che Serena Mollicone volesse convincere Marco Mottola a lasciare il giro di spaccio di cui faceva parte.
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