Si chiamano blastoidi e sono i primi simil-embrioni umani generati in laboratorio da cellule staminali o della pelle riprogrammate. Il nome è dato dal fatto che ripetono lo sviluppo dell’embrione allo stato iniziale. Ma, pur non essendo identici a quelli naturali, possono essere utilizzati per studiare problemi legati alla fertilità o delle prime fasi dello sviluppo umano. Lo studio è stato coordinato da Monash University di Melbourne e Southwestern Medical Center dell’Università del Texas.
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Lo studio
Questa scoperta segue quella fatta nel 2017 e 2018 in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi quando sono stati ottenuti i primi embrioni sintetici di topo. Ai blastoidi ci si è arrivati percorrendo due diverse strade. Il gruppo della Monash University ha riprogrammato delle cellule adulte prelevate dalla pelle. Dopodiché le ha coltivate in 3D fino a formare una struttura simile a una blastocisti. Jose Polo, a capo del gruppo, spiega che tale blastoide indotto «permetterà di studiare le primissime fasi dello sviluppo umano». Permetterà, inoltre, di «fare luce su alcune delle cause di infertilità e malattie congenite. Consentirà poi di valutare l’impatto di sostanze tossiche e virus sugli embrioni, senza dover ricorrere a blastocisti umane». Altro dettaglio molto importante è che ciò consentirà di «accelerare lo sviluppo di nuove terapie».
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Il secondo gruppo guidato da Jun Wu dell’Università del Texas ha raggiunto questo risultato partendo da cellule staminali pluripotenti umane. Il blastoide può essere paragonato ad una blastocisti, ma non è in grado di sviluppare un vero e proprio embrione vitale.