La comunicazione sul caso dei vaccini AstraZeneca ha generato panico e confusione, alimentando lo scetticismo nei confronti degli effetti positivi del vaccino. L’incrocio di tre comunicazioni – quella mediatica, quella istituzionale e quella scientifica – non ha avuto gli effetti sperati. Si è ripetuto ciò che accade da un anno: poca chiarezza, tanto panico.
La comunicazione dovrebbe chiarire, più che mischiare. Unire i punti, non dividerli. Spiegare, non confondere. Eppure, nel caso di AstraZeneca, questo non è avvenuto e anzi, al contrario, si è creato un vero e proprio caos. Caos iniziato quando è stata data notizia di vari decessi di persone, precedentemente sottoposte al vaccino. Decessi che hanno portato molti Paesi a ritirare dei lotti e a rifiutare il vaccino dell’azienda anglo-svedese. Un caos vero e proprio denunciato anche dai camici bianchi. “Ad oggi noi non sappiamo con certezza di questi decessi, ma in un momento come questo ci vogliono risposte rapide, chiare, limpide. Questa cosa non ci voleva“, ha commentato Matteo Bassetti su Inews24. Il rischio è che da una cattiva comunicazione derivi una cattiva azione e che le persone, prese dal panico, possano essere portate a rifiutare il vicino, proprio in un momento in cui la campagna dei “pro-vax” ha ragione di essere.
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Poco fa, tra l’altro, l’Agenzia italiana del farmaco Aifa ha deciso di estendere “in via del tutto precauzionale e temporanea, in attesa dei pronunciamenti dell’EMA, il divieto di utilizzo del vaccino AstraZeneca Covid19 su tutto il territorio nazionale”. Una decisione che segue gli analoghi provvedimenti adottati da altri Paese europei, come la Germania, ma che potrebbe generare panico proprio in chi si è sottoposto al vaccino oggi o in questi giorni che attende ora la seconda dose. In Italia, il panico si è scatenato a causa del decesso di alcune persone vaccinate con il siero anglo-svedese. Dopo il blocco di due lotti di AstraZeneca in Sicilia e Campania, anche il Piemonte ieri, dopo la morte di un docente, ha disposto la sospensione di un’altra partita di dosi su tutto il territorio regionale. C’è da dire, però, che non esiste correlazione attualmente verificata tra somministrazione del vaccino e decessi.
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Eppure, qualche giorno fa, arrivavano le rassicurazioni di Nicola Magrini, direttore dell’Aifa, che condannava il clima di panico scatenatosi dopo lo stop alle somministrazioni del vaccino AstraZeneca in Danimarca, mentre in Austria, Estonia, Lituania e Lussemburgo è stata interrotta la distribuzione del lotto ABV5300. “Non si è mai visto un allarme diventare così ampio sulla base di così pochi dati”, ha detto Magrini. Poi, le precisazioni di AstraZeneca che ha fatto notare come finora, in tutta l’Europa e nel Regno Unito, su un totale di 17 milioni di soggetti vaccinati “ci sono stati 15 eventi di trombosi venosa profonda e 22 eventi di embolia polmonare segnalati tra coloro a cui è stato somministrato il vaccino, in base al numero di casi che la Società ha ricevuto all’8 marzo”. L’azienda puntualizza, inoltre, che tale numero di eventi “è molto più basso di quanto ci si aspetterebbe che si verifichi naturalmente in una popolazione generale di queste dimensioni ed è simile per altri vaccini Covid-19 autorizzati”.
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Sono però diverse le rinunce che stanno arrivando in queste ore. In sostanza, l’allarme diffuso negli ultimi giorni potrebbe rallentare drasticamente la corsa all’immunizzazione. Da qui, gli appelli a fermare gli allarmismi e le rassicurazioni da parte dell’Oms che ha confermato l’uso imprescindibile del vaccino. Per questo, Matteo Bassetti ha lanciato l’idea di un numero verde per rassicurare i cittadini. “Bisogna parlare alla gente. Forse sarebbe corretto se l’Aifa chiedesse all’azienda di rendersi disponibile a rispondere alle lecite domande degli utenti”, ha detto l’esperto. Concetto ribadito ad AdnKronos Salute. “La comunicazione ai cittadini è stato un disastro che ci penalizzerà pesantemente. L’azienda avrebbe dovuto mettere a disposizione un numero verde o far rispondere a qualcuno esperto, mentre ci troviamo noi medici sul campo a dover dare informazioni alle persone che giustamente vogliono notizie e chiarimenti“, ha proposto la testata. L’azienda, invece, si è limitata ad un comunicato stampa.
Del resto, una delle prime evidenze di cambiamento dal Governo Conte al Governo Draghi è stata proprio quella della comunicazione. Il sistema Rocco Casalino non c’è più, e non ci sono neanche più profili, tweet e comunicati via social. Si è bloccato quel circolo che aveva portato Giuseppe Conte ad essere ripreso sulle pagine trash e diventare un fenomeno del web. Ora di Mario Draghi non c’è neanche l’ombra e dai profili di Palazzo Chigi arrivano pochissime parole. Un cambio, quello sulla comunicazione, deciso proprio da Mario Draghi che, arrivato al Senato prima e alla Camera poi, ha da subito chiarito la necessità di un cambio nel profilo della comunicazione. In particolare, il Presidente del Consiglio ha puntato il dito contro i tecnici e gli esperti, spesso causa di confusione e fonte di allarmismo.
I mesi della pandemia ci hanno abituato a comunicati improvvisi, dichiarazioni rilasciate in programmi televisivi o sui profili social, richieste di lockdown lanciate improvvisamente. Meccanismi, questi, pericolosi per l’impatto sociale e che vanno a minare proprio una delle basi della comunicazione d’emergenza: chiarezza, unita a coerenza e linearità dei contenuti. La situazione non sembra essere cambiata, in questo senso. Prove, a sostegno di questa tesi, sono le ultime dichiarazioni degli esperti sulla circolazione delle varianti. Oltre al modo, è importante il tempo. Basta comunicazioni improvvise, ha incitato Mario Draghi che ha affidato la comunicazione della presidenza del Consiglio dei ministri a Paola Ansuini, per anni alla Banca d’Italia. Meno protagonismo e più coordinamento è la nuova linea Draghi contro il Covid, in barba alla gestione di Giuseppe Conte indicata da Rocco Casalino.
I social network sono stati al centro di tutte le comunicazioni dell’ex presidente del Consiglio e le Conferenze di Giuseppe Conte sono state momento di unione proprio sui social, innescando quel meccanismo di tweet e retweet che ha messo da parte persino la televisione. Serve una comunicazione istituzionale, puramente tecnica che possa servire ad informare, più che allarmare, i cittadini che hanno bisogno di comprensione per poter agire meglio. Comunicazione: non è un caso che la parola azione sia contenuta in essa, dal momento che tutto ciò che viene comunicato è anche qualcosa che può portare ad azioni e reazioni. Basta post, ma si alle note stampa, che saranno fredde e rigorose, senza commenti. E per questo, Draghi ha richiesto ai suoi ministri di limitare dichiarazioni allo stretto indispensabile. E solo quando si ha qualcosa di importante, di certo e di vero da dire.
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