Scrivere su Facebook “io gli spaccherei la faccia” o auspicare “una spedizione punitiva sotto casa” contro degli agenti della polizia municipale sarà pure “eticamente censurabile” ma non è un reato.
A Torino è stata archiviata per questo motivo, un’inchiesta contro 73 persone che, sul social network, avevano scritto messaggi di questo tenore commentando il post di un avvocato che si era detto vittima di un’ingiustizia perpetrata dai vigili urbani. Il gip Paola Rigonat ha accolto la richiesta della procura, accogliendone integralmente le considerazioni, e ha chiuso il caso.
Solo sarcasmo, diritto di satira
Secondo la procura di Torino (e il giudice che si è detto d’accordo) alcuni commenti hanno “contenuti spregevoli ma non diffamatori”, mentre altri sono “forieri di messaggi violenti e incivili” ma non configurano nemmeno il reato di istigazione a delinquere. Scrivere “Io li picchierei di santa ragione” è “contrario ai più elementari valori di una società democratica e civile” ma “non ha gli specifici connotati di materialità e offensività” necessari per “ricorrere allo strumento della giustizia penale”.
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I magistrati hanno osservato che l’episodio denunciato dall’avvocato, che in un post su Facebook sosteneva, nel 2018, di avere subito una “spedizione punitiva” in relazione a un controllo sul suo ciclomotore, era “idoneo” a scatenare dei giudici che, nel caso di 16 internauti, sono rientrati nel “diritto di critica”, visto che “tutti i cittadini hanno interesse al corretto espletamento delle funzioni degli agenti”. La denuncia era stata presentata da Emiliano Bezzon, l’allora comandante della polizia municipale. I magistrati hanno fatto presente che, in molti casi, i commenti si riferivano ai componenti della pattuglia e non alla totalità del Corpo. Ci sono commenti, inoltre, che appaiono riconducibili al “diritto di satira”. Parlare di “sindrome da pisello piccolo”, secondo le toghe, è solo “sarcasmo”.