Vaccini, nuovo blocco per l’Europa: Johnson & Johnson è in ritardo, dosi in bilico

Johnson & Johnson ha comunicato all’Unione europea di avere problemi di approvvigionamento. Un ritardo che mette a rischio le 55 milioni di dosi del vaccino della casa farmaceutica contro il coronavirus, che sarebbero dovute arrivare nel secondo trimestre dell’anno.

Ancora rallentamenti sui vaccini. Se l’Israele vola, l’Europa sembra camminare, piano e male. Un’ulteriore complicanza per quanto riguarda il piano vaccinale è arrivata poco fa, quando Johnson & Johnson ha comunicato all’Unione europea di avere problemi di approvvigionamento. Un ritardo che mette a rischio le 55 milioni di dosi del vaccino della casa farmaceutica contro il coronavirus, che sarebbero dovute arrivare nel secondo trimestre dell’anno. L’azienda si è impegnata a fornire 200 milioni di dosi all’Unione europea per il 2021 ma, la scorsa settimana, il colosso ha dichiarato all’Ue di avere problemi nel reperimento dei componenti del vaccino. La notizia è stata resta ufficiale poco fa, quando un funzionario europeo direttamente coinvolto in colloqui con l’azienda statunitense lo ha riferito alla Reuters. Le indiscrezioni sono state successivamente confermate da un portavoce della Commissione europea.

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L’obiettivo, sul vaccino J&J- che dovrebbe essere approvato dall’Ema l’11 marzo – non è comunque impossibile. La Commissione europea sarebbe già in contatto con tutti gli sviluppatori di vaccini anti-Covid, inclusa Johnson & Johnson, “per assicurarsi di avere puntuali consegne di sufficienti quantità di vaccini, in linea con gli impegni delle società”. Del resto, l’Europa non può permettersi altri ritardi e, in un mare già pieno di problemi, la comunicazione di Johnson & Johnson sembra confermare una situazione già drammatica e problematica alla base.

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Una sfida che non si può perdere

Quella dei vaccini è del resto una sfida che l’Europa non può perdere. Eppure, nonostante gli sforzi e le premesse, l’Unione Europea è visibilmente indietro rispetto agli Stati Uniti e al Regno Unito. Gli Usa, con Joe Biden alla guida, superava già qualche giorno fa le 50 milioni di dosi di vaccini anti Covid. E non è un caso se, per la prima volta in 100 giorni, gli Stati Uniti hanno registrato meno di 100mila nuovi casi di coronavirus. Anche la Gran Bretagna vola sulle vaccinazioni, avendo già vaccinato oltre 20 milioni di persone. E l’Israele è in testa con una strategia senza uguali. Numeri che l’Italia non vede e non vedrà in tempi brevi. Di questo passo, l’immunità di gregge è un obiettivo molto più che lontano. Ma il problema non riguarda solo il nostro Paese perché anche l’Europa fatica a star dietro alla corsa ai vaccini, a causa dei ritardi e delle forniture inferiori al previsto da parte dei produttori di vaccini che hanno rallentato il piano vaccinale.

L’approccio seguito dalla Commissione Europea potrebbe non aver funzionato. L’Ue ha puntato al “risparmio”, procedendo in modo più cauto e cercando di venire incontro alla necessità di mettere d’accordo i governi di 27 paesi. L’obbiettivo era raggiungere un unico sistema di prenotazione, con l’ acquisto dei vaccini con a capo la Commissione Europea. Una soluzione che punta all’unione e alla coesione, ma forse poco funzionale. Certamente, ciò ha evitato che i paesi più piccoli rimanessero senza vaccini, subendo la concorrenza dei più grandi e attrezzati.

I problemi europei

Quando i Paesi avevano iniziato a trattare per l’acquisto dei vaccini, la burocrazia e i regolamenti europei hanno frenato i tempi. La paura era quella di incappare in nuovi ritardi, come già accaduto con la questione delle mascherine. Così, Francia e Germania avevano iniziato a valutare di agire per conto proprio, includendo anche l’Italia e i Paesi Bassi. Un pericolo che la Commissione cercò subito di arginare, presentando una soluzione per accelerare le procedure burocratiche per negoziare con le aziende farmaceutiche. Alla fine, le trattative sono state gestite in maniera centralizzata. Inoltre, l’Europa ha puntato al “risparmio”. Contratti più convenienti non costituiscono affatto un vantaggio, specie se messi a confronto con l’impatto economico del lockdown. Rimanere indietro con il vaccino vuol dire rimanere indietro nel mercato. Ma questo non è stato compreso, quanto meno non subito.

 

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