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Sinistra cercansi: Pd in crisi, numeri bassi per LeU. Per il Paese è un problema

Con le dimissioni dell’ormai ex segretario del Pd Nicola Zingaretti crolla anche l’ultimo baluardo a difesa di un centrosinistra già da tempo sofferente: si tratta solo dell’ultimo atto di una crisi fatta di correnti interne, lotte intestine e mancanza di visione. Situazione difficile anche per il gruppo LeU che, di fronte al voto di fiducia al governo Draghi, è andato incontro a un ulteriore stato di sofferenza, confermato dai sondaggi a ribasso. Così si crea un vuoto politico che, al di là delle posizioni politiche di parte, danneggia l’intero sistema Paese. 

MeteoWeek.com (foto da Ansa)

E’ il momento di ripensare ai propri errori, di organizzare il rilancio della sinistra“. E’ questo il mantra che da mesi, se non da anni, accompagna ogni nuova-vecchia proposta politica proveniente dal centrosinistra. Il partito deve tornare a occuparsi dei territori, delle periferie, dei lavoratori, si diceva. Deve recuperare il rapporto con un certo tipo di elettorato che altrimenti rischia di cadere in mano delle destre, si diceva. Eppure, a distanza di mesi, siamo di nuovo qui. Il Pd credeva di essersi tolto un sassolino dalla scarpa “liberandosi” dell’ingombrante leadership di Matteo Renzi, ma quel sassolino è rientrato dalla finestra. Ora si torna punto e a capo. Ma sarebbe miope credere che la strategia politica di Matteo Renzi sia l’unica responsabile dello stato di decomposizione nel quale versa il Pd. Quello che possiamo sostenere, piuttosto, è che Matteo Renzi sia il catalizzatore di correnti interne comunque esistenti nel Pd, specchio delle tante anime da cui è nato il partito in questione. C’è la sinistra alla Orfini, c’è la sinistra a forte trazione democristiana, e c’è la sinistra liberal alla Bonaccini (tanto per non utilizzare sempre il nome di Matteo Renzi). Risultato? Il Pd si ritrova a oscillare tra un polo e l’altro senza trovare pace, cambiando sette segretari nel giro di tredici anni e ripetendo sempre lo stesso mantra: bisogna recuperare un rapporto con la base. Ebbene, a che punto siamo?

A punto e a capo

L’addio di Nicola Zingaretti alla guida del Pd segna un ulteriore punto di svolta nella storia del partito, che però assomiglia a un girare in tondo. Acceso è il dibattito per cercare di individuare figure in grado di sostituire l’ormai ex segretario, figure che potrebbero ricoprire il ruolo di reggenti o di veri e propri nuovi segretari. Tra i nomi più chiacchierati ci sono quelli di Anna Finocchiaro e Roberta Pinotti. Eppure da una fonte parlamentare riportata dall’agenzia Agi viene spiegato: rispondono più a “criteri di consenso che non a una effettiva praticabilità di queste ipotesi“. Intanto si fa sempre più insistente il pressing legato al nome di Enrico Letta, un pressing che però il direttore della Scuola di affari internazionali dell’Istituto di studi politici di Parigi declina con garbo: “Con sorpresa ho letto il mio nome sui giornali come possibile nuovo segretario del Pd. Quel che penso è che l’Assemblea tutta debba chiedere a Nicola Zingaretti, al quale va la mia stima e amicizia, di riprendere la leadership. Peraltro io faccio un’altra vita e un altro mestiere“. Insomma, il principale partito di centrosinistra italiano affronta contemporaneamente un vuoto di leadership e un vuoto politico: è innegabile che dietro ognuno di questi nomi ci sia in realtà una corrente ben specifica interna al Pd.

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Pd, LeU e i sondaggi inclementi per la sinistra

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Questa situazione di incertezza e miopia si ripercuote già sull’elettorato, lo stesso elettorato con il quale si voleva trovare una nuova intesa. Ecco allora che non solo si gira a vuoto, ma si crea anche una spirale verso il basso, ottenendo l’effetto opposto rispetto a quello sperato. Secondo i numeri della rilevazione settimanale dell’istituto Swg per il TgLa7, è la Lega a primeggiare tra i partiti più graditi agli italiani, registrando un numero che va di poco sopra il 23%. Ma questo non rappresenta un fattore di novità. A stupire è, piuttosto, il recupero del M5s, che registra un 17,2% (+ 1,4 rispetto alla settimana scorsa), superando Fratelli d’Italia. Che sia merito della tanto decantata leadership Conte e del momento di smarrimento del Pd? Potrebbe essere lecito pensarlo, soprattutto andando a guardare i dati del Pd: il partito perde 1,9 punti percentuali, attestandosi al 16,6%. Il travaso tra M5s e Pd è, se non evidente, almeno plausibile. Dati leggermente in miglioramento ma comunque non sufficienti per Sinistra Italiana (3%) e Articolo 1 (2,1%), componenti di LeU questa volta scandagliati separatamente. Ma il vero dato interessante è quello degli indecisi e del non voto: il 39% degli italiani non si esprime a favore di nessun partito. Un numero altissimo, che rappresenta un problema non solo per la tenuta dei partiti, ma per l’intero futuro dell’Italia.

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Il vero problema

E’ qui che arriviamo al vero nocciolo della questione: che fine fa questa grande massa di cittadini? Perché nessuno riesce a parlare con loro e a intercettarne le istanze? E’ sano che in un Paese sedicente democratico ci sia quasi un 40% degli elettori che non si riconosce in nessuna delle forze politiche in campo? No, non è sano né auspicabile. Per questo il centrosinistra si era posto come obiettivo “il ritorno alla base”. Eppure, i dati impongono un’evidenza: il centrosinistra ha fallito la missione, ha ribadito fino allo sfinimento le intenzioni senza tradurle in realtà. Al momento del voto di fiducia al governo Draghi in questa sede avevamo detto: è un bene che Fratelli d’Italia rimanga all’opposizione, la maggioranza bulgara è nociva. Ora, parlando dell’altro fronte possiamo ribadire: è un male che un Paese rimanga sprovvisto di una sinistra in grado di fare da contrappeso, a prescindere da tutto. La motivazione è chiara: destra e sinistra non sono semplici schieramenti politici, ma rappresentazioni democratiche di rapporti di forza realmente esistenti nella società. Ogni gruppo sociale cerca di difendere i propri interessi, supportando determinate politiche piuttosto che altre. Ora chi difenderà le esigenze dei gruppi sociali con interessi di sinistra? E’ una questione cruciale per tutto il Paese, per restare – molto banalmente – in un sistema democratico di pesi e contrappesi. Il rischio è che, senza una forza in grado di intercettarla, quella maggioranza silenziosa del 39% possa trasformarsi in altro. E potrebbe non piacerci.

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