Mentre si pensa ad un nuovo lockdown, l’Italia potrebbe guardare al modello israeliano e accelerare con le vaccinazioni a tappeto.
E’ attesa per questa mattina una riunione del Comitato tecnico scientifico per valutare eventuali nuove misure restrittive, alla luce della diffusione dei contagi. Una riunione sollecitata proprio dagli esperti che, in un verbale di venerdì, hanno espresso “grande preoccupazione” e timori per la diffusione delle varianti . I tecnici fanno pressione al Governo per innalzare le misure restrittive, sia a livello nazionale che locale. Potrebbe arrivare una deroga al Dpcm in vigore solo da qualche giorno, che comprenderebbe chiusure nei fine settimana; misure più rigide; revisione del criterio di 250 casi ogni 100mila abitanti per entrare automaticamente in zona rossa. Ma anche coprifuoco anticipato alle ore 20.00 e chiusura dei negozi.
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Intanto, in un videomessaggio alla conferenza “Verso una Strategia Nazionale sulla parità di genere”, in occasione della Festa delle donne, Mario Draghi ha ribadito con forza la necessità di accelerare sul fronte dei vaccini, ormai unica via d’uscita dalla crisi. “Ci troviamo tutti di fronte, in questi giorni, a un nuovo peggioramento dell’emergenza sanitaria. Ognuno deve fare la propria parte nel contenere la diffusione del virus”, ha detto il Presidente del Consiglio anticipando che, nei prossimi giorni, il piano vaccini sarà decisamente potenziato. Si privilegeranno persone più fragili e categorie a rischio.
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Così, entro fine marzo dovrebbero essere consegnate circa 9 milioni di dosi e nel mese successivo altre 52milioni di dosi. Entro giugno, dovrebbero essere somministrate circa 60 milioni di dosi. Si parla quindi di 700mila iniezioni al giorno e proprio ad aprile dovrebbero arrivare anche le 30milioni di dosi di Johnson & Johnson. Una strategia rinominata “exit strategy” che prevede la redistribuzione delle dosi tra le regioni in base alla popolazione residente e non più per target. Inoltre, Mario Draghi starebbe pensando alle vaccinazioni per i lavoratori, a prescindere dall’età, così da rendere il mondo del lavoro “covid free” e permettere il riavvio delle attività economiche.
Modello Israele?
Il modello a cui guardare per le vaccinazioni di massa potrebbe essere quello seguito da Israele. Sono stati vaccinati gli ultraottantenni, e la fascia di età tra i 70 e i 79 anni è stata immunizzata per l’85%. “Siamo oltre l’80% per coloro che hanno più di 50 anni d’età“, ha dichiarato Arnon Afek, direttore generale dello Sheba General Hospital israeliano durante lo speciale Covid-19 di Rainews24. Gli effetti hanno avuto ricadute sul numero di ricoveri e di morti, calato del 99% con la seconda dose di vaccino Pfizer. Una strategia che ha puntato sulle vaccinazioni della popolazione più a rischio, quella anziana. Per coinvolgere i più giovani, sono state lanciate campagne informative sponsorizzate da produttori di pizza, vino, birra. “Chi si vaccinava, ne riceveva in omaggio“, ha spiegato Afek. Una campagna, insomma, che sembra funzionare dal momento che le attività stanno già riaprendo.