Gesù è stato sempre padrone della sua vita. Non è stato sottratto alla vita con una forza più grande, perché non c’è niente più grande di lui.
L’anima mia anela e desidera gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente. (Sal 83,3)
C’erano molti lebbrosi in Israele; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro. (Cfr. Lc 4,27)
Dal secondo libro dei Re
2Re 5,1-15a
In quei giorni Naamàn, comandante dell’esercito del re di Aram, era un personaggio autorevole presso il suo signore e stimato, perché per suo mezzo il Signore aveva concesso la salvezza agli Aramèi. Ma questo uomo prode era lebbroso.
Ora bande aramèe avevano condotto via prigioniera dalla terra d’Israele una ragazza, che era finita al servizio della moglie di Naamàn. Lei disse alla padrona: «Oh, se il mio signore potesse presentarsi al profeta che è a Samarìa, certo lo libererebbe dalla lebbra». Naamàn andò a riferire al suo signore: «La ragazza che proviene dalle terra d’Israele ha detto così e così». Il re di Aram gli disse: «Va’ pure, io stesso invierò una lettera al re d’Israele».
Partì dunque, prendendo con sé dieci talenti d’argento, seimila sicli d’oro e dieci mute di abiti. Portò la lettera al re d’Israele, nella quale si diceva: «Orbene, insieme con questa lettera ho mandato da te Naamàn, mio ministro, perché tu lo liberi dalla sua lebbra». Letta la lettera, il re d’Israele si stracciò le vesti dicendo: «Sono forse Dio per dare la morte o la vita, perché costui mi ordini di liberare un uomo dalla sua lebbra? Riconoscete e vedete che egli evidentemente cerca pretesti contro di me».
Quando Elisèo, uomo di Dio, seppe che il re d’Israele si era stracciato le vesti, mandò a dire al re: «Perché ti sei stracciato le vesti? Quell’uomo venga da me e saprà che c’è un profeta in Israele». Naamàn arrivò con i suoi cavalli e con il suo carro e si fermò alla porta della casa di Elisèo. Elisèo gli mandò un messaggero per dirgli: «Va’, bàgnati sette volte nel Giordano: il tuo corpo ti ritornerà sano e sarai purificato».
Naamàn si sdegnò e se ne andò dicendo: «Ecco, io pensavo: “Certo, verrà fuori e, stando in piedi, invocherà il nome del Signore, suo Dio, agiterà la sua mano verso la parte malata e toglierà la lebbra”. Forse l’Abanà e il Parpar, fiumi di Damàsco, non sono migliori di tutte le acque d’Israele? Non potrei bagnarmi in quelli per purificarmi?». Si voltò e se ne partì adirato.
Gli si avvicinarono i suoi servi e gli dissero: «Padre mio, se il profeta ti avesse ordinato una gran cosa, non l’avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: “Bàgnati e sarai purificato”». Egli allora scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola dell’uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato.
Tornò con tutto il seguito dall’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele».
Parola di Dio
R. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente.
Come la cerva anèla
ai corsi d’acqua,
così l’anima mia anèla
a te, o Dio. R.
L’anima mia ha sete di Dio,
del Dio vivente:
quando verrò e vedrò
il volto di Dio? R.
Manda la tua luce e la tua verità:
siano esse a guidarmi,
mi conducano alla tua santa montagna,
alla tua dimora. R.
Verrò all’altare di Dio,
a Dio, mia gioiosa esultanza.
A te canterò sulla cetra,
Dio, Dio mio. R.
Gesù come Elìa ed Elisèo è mandato non per i soli Giudei.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4, 24-30
In quel tempo, Gesù [cominciò a dire nella sinagoga a Nàzaret]: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Elisèo, ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro».
All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino.
Parola del Signore
Nessun profeta è ben accetto in patria: è difficile credere che Dio operi e scelga di farlo per mezzo di qualcuno che magari conosciamo bene, che quindi in qualche modo giudichiamo, da cui non ci aspettiamo niente o che stimiamo poco.
Nonostante il profeta Elia fu grande, Gesù ci dice che in Israele fu mandato da Dio soltanto ad una vedova, la sola tra tutti che ebbe fede: Dio resuscitò infatti suo figlio. Stessa cosa per il profeta Eliseo: poté guarire un solo lebbroso in tutto il paese, perché dagli altri non venne ascoltato e non gli credettero.
Allo stesso modo Gesù, quando inizia a parlare pubblicamente, chiarisce subito che anche lui, per gli stessi motivi, non sarà ben accetto. E subito la sua parola si compie!
Gesù sa già quali sarebbero state le reazioni di sdegno dei presenti al sentirlo definire sé stesso come profeta, perché a Gesù nulla è nascosto dei nostri pensieri. Eppure non può negare la verità: è stato mandato dal Padre per essere verità in mezzo a noi.
Rischia grosso però, Gesù, perché tutti, dopo che si è annunciato in quel modo, vogliono ucciderlo. Lo conducono sul ciglio del monte ma accade qualcosa di singolare: Gesù tranquillamente si incammina “in mezzo a loro” e se ne va.
Questo particolare ci fa riflettere su una cosa: quegli uomini volevano e avrebbero potuto uccidere Gesù già allora. Perché non lo hanno fatto? Come è possibile che Gesù si sia divincolato da una folla intera e camminando se ne sia andato in tutta tranquillità?
Perché non era ancora giunta la sua ora. Gesù non si lascia fare del male, ma con un’autorità che non prevede alcuna violenza, semplicemente, passa in mezzo a loro, cioè passa in mezzo a quella circostanza avversa totalmente incolume, totalmente padrone della situazione.
Gesù è stato sempre padrone della situazione, padrone della sua vita, non ha mai subìto gli eventi: Gesù ha scelto. Ha scelto di morire per noi per salvarci. Non è stato sottratto alla vita con una forza più grande di lui da noi uomini, perché non c’è niente più grande di lui.
Gesù lo ha voluto, per salvarci. Ecco che il profeta di cui parla è proprio colui che, dopo aver risposto liberamente alla chiamata di Dio, dice e agisce per conto di Lui. E le parole di Dio spesso sono scomode, le parole di Dio ci dicono la verità, non le accettiamo. A maggior ragione se vengono da qualcuno che pensiamo di conoscere, di cui pensiamo di aver capito tutto o che, peggio, conosce bene noi e le nostre “magagne”!
Inoltre quella luce, quella forza che hanno le persone piene di Dio sono belle “da fare invidia”, e per invidia nascono tutte le cose peggiori. Gesù non era solo un profeta, è Dio stesso: quanto di più ancora venne invidiato per la sua giustizia e bontà! La stessa bontà che lo farà sempre procedere avanti, in mezzo a qualsiasi contrarietà, in mezzo pure alla morte, uscendone risorto.
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